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Trump family: alla Casa Bianca arriva una dinastia. Addio al nucleo in stile middle class di Obama o Clinton

Tre mogli, cinque figli, otto nipoti, tutti in fila durante l’incoronazione a New York sul palco dell’Hilton: in questa 'parata' da vincitore a tarda notte il neo presidente Usa ha come riprodotto in piccolo quella scena di 'Monthy Python – Il senso della vita' dove l’infinita famigliola irlandese canta “every sperm is sacred”

di Davide Turrini
Trump family: alla Casa Bianca arriva una dinastia. Addio al nucleo in stile middle class di Obama o Clinton

Meet the Trumps. Volenti o nolenti sarà la nuova, numerosa, famiglia del neo presidente Donald Trump ad occupare la Casa Bianca da gennaio 2017 in avanti. Tre mogli, cinque figli, otto nipoti, tutti in fila per sei col resto di due durante l’incoronazione a New York sul palco dell’Hilton. Hanno sfilato nell’ordine: il figlio Barron; la nuova first lady Melania; la figlia Ivanka; i figli Donald jr, Eric e Tiffany; più un paio di nuore, un genero e almeno due nipotini. Già perché l’imprenditore che ha fatto saltare tutti i pronostici della vigilia alle presidenziali Usa 2016 è sì di origini scozzesi, ma in questa ‘parata’ da vincitore a tarda notte ha come riprodotto in piccolo quella scena di Monthy PythonIl senso della vita dove l’infinita famigliola irlandese canta “every sperm is sacred”.

I Trump non finivano più di salire sul palco dell’Hilton già saturo della presenza della famiglia Pence, vice in pectore di Donald, religiosamente alla destra del padre. Alla sinistra del presidente, proprio dove l’ombra dell’assurdo ciuffo biondo si faceva lunga e minacciosa abbiamo tutti seguito l’ultima faticosissima resistenza del figlio Barron, dieci anni, alla lunga notte del papà. Uno sbadiglio dietro l’altro, un’agonia devastante per un ragazzino barcollante e pallido come un morto. Quando papà Donald ha cominciato ringraziando la Clinton, parlando della telefonata appena intercorsa tra loro, Barron stava per accasciarsi al suolo. Qualcuno su Twitter, per la sua fissità e pallore, l’ha quasi paragonato al bimbo protagonista dell’horror d’antan Omen- il presagio.

Donald Trump ha avuto tre mogli. La prima è l’ex modella Ivana sposata il 7 aprile del 1977, con cui ha vissuto fino al giugno 1992, da cui ha avuto tre figli: Donald Jr, 38 anni, già avviato sulle orme imprenditoriali del padre con la presidenza della Trump Organization e ben cinque nipotini per nonno Donald senior; Ivanka, 34 anni, modella, fashion designer e vera cocca di babbo a cui ha regalato tre nipotini; e Eric, il più giovane con i suoi 31 anni, appena sposato con la bella Lara Yunaska ancora a secco come prole ma già avviato anche lui come carriera nelle aziende di papà e nell’ambito filantropico. La seconda moglie di Trump è stata l’attrice Marla Maples, sposata dal ’93 al ’99 con cui Trump avuto una figlia, la 23enne Tiffany che spesso sfila sulle passerelle dell’alta moda con addosso gli abiti delle migliori griffe. Terza moglie è Melania Knauss, sposata nel 2005 da cui Trump ha avuto il piccolo Barron nel 2006.

Non si sa ancora se la Trump family si insedierà per intero nella White House. Diciamo però che questa foto di famiglia old style, con quegli alberi genealogici immensi, sembra ricordare più la genia dei Bush che quella degli Obama, più quella dei Kennedy che quella dei Clinton. In molti ricorderanno infatti la coolness che ammantava il palco di Chicago per la celebrazione di papà Barack nell’altrettanta “rivoluzionaria” notte presidenziale del 2008. Là una Michelle emozionata vestita di nero e rosso, la bella Malia in rosso, e la piccola Sasha in nero. I baci di papà Barack alle bimbe, Michelle che si spupazza Barack come in discoteca, un’atmosfera rilassante e informale. Classico nucleo familiare da middle class. Invece con i Trump la scorsa notte abbiamo rivisto il ritratto aristocratico della dinastia, impettita e asettica, di un’America altezzosa e rimbalzante. Una Dynasty senza Joan Collins ma con tante Linda Evans, comandata del self-made man non avvezzo alla politica politicante, ammantata da quell’alone di gruppo allargato pronto ad occupare ogni possibile pertugio decisionale del futuro del paese.

Perché la dialettica di casa Trump fa perno solo ed esclusivamente su successo ed amore, ammirazione e lode per papà Donald. Durante la campagna elettorale sia Tiffany che Ivanka, sia Eric che Donald, si sono profusi in speech tutti tesi ad esaltare le capacità imprenditoriali ed umane del padre, senza mai entrare nel ginepraio di imprecazioni e provocazioni di Donald su messicani e musulmani. Siamo convinti che questo invisibile muro separatorio tra il privato dell’uomo d’affari Donald e il pubblico del presidente Trump verrà davvero giocato su piani differenti dell’esposizione mediatica a cui ci avevano abituato repubblicani e democratici, la famiglia Obama come quella di George W. Bush. Pensiamo alla grande perdita legata ai “first dog”. Il bellissimo Bo di Obama ci saluta, come ci aveva salutato la piccola Spotty di George Bush, o il gatto Socks di Chelsea la figlia di Bill ed Hillary. Al massimo Trump potrà esporre qualche cane o gatto di cristallo oppure si comprerà un canile intero.

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