La notizia arriva all’ora di cena, mentre gli occhi dei media sono rivolti oltreoceano per la lunga notte elettorale Usa, alla fine della quale si conoscerà il nome del 45esimo inquilino della Casa Bianca. È morto nella sua casa milanese l’oncologo Umberto Veronesi. Avrebbe compiuto 91 anni il prossimo 28 novembre.
È impresa ardua raccontare la vita dello scienziato e dell’uomo Veronesi, senza ricorrere ai superlativi. “È stato un baluardo, un grandissimo motivatore, un riferimento per la laicità delle Istituzioni, sia come scienziato che come ministro della Sanità (incarico che ha ricoperto dal 25 aprile 2000 all’11 giugno 2001, nel secondo Governo Amato, ndr)”. Sono di ammirazione e, a un tempo, di profonda commozione le prime parole di Carlo Alberto Redi, accademico dei Lincei e professore di Zoologia e Biologia dello Sviluppo all’Università di Pavia, raggiunto al telefono da IlFattoquotidiano.it. Non sa ancora della morte del collega e maestro, che nel 2000 lo scelse tra i 25 membri della commissione Dulbecco sulle cellule staminali. Un panel che Veronesi istituì quando era ministro. “Provo in questi momenti un senso di gratitudine profondissimo – afferma a caldo Redi – ho sempre sentito il suo sostegno”.
Proprio le conclusioni della commissione presieduta dal premio Nobel per la medicina Renato Dulbecco sulle potenzialità dell’applicazione terapeutica delle staminali che, “se sfruttate in modo efficace, potrebbero portare a una vera e propria rivoluzione in medicina”, rappresentano uno dei tanti esempi della visione che Umberto Veronesi aveva della scienza e del ruolo dello scienziato. Una scienza libera da condizionamenti esterni. E pacifica. Sono divenute famose le sue battaglie in favore dell’eutanasia. In sostegno del corpo delle donne. E in favore del disarmo, contro le spese militari e la proliferazione degli ordigni nucleari. Uno sguardo attento alla società e alle cose del mondo, il suo. Un pensiero libero. Sempre declinato al futuro. “Credere nella scienza significa credere nel futuro”, è il ricordo affidato a Twitter della Fondazione che lo scienziato ha creato e che porta il suo nome. Una fondazione nata “per il progresso delle scienze”. Sua, inoltre, l’idea delle conferenze “Science for Peace”, summit mondiali di scienziati riuniti da Veronesi sotto l’ombrello della pace. Non come ideale astratto, ma come obiettivo da perseguire concretamente, con l’aiuto delle menti più brillanti del Pianeta. Proprio nei prossimi giorni, il 18 novembre, è in programma all’Università Bocconi di Milano l’ottava Conferenza Science for Peace. Titolo del convegno un tema di scottante attualità: “Migrazioni e futuro d’Europa”.
Ma il nome di Umberto Veronesi è, prima di tutto, legato alla lotta contro il cancro. Convinto sostenitore della diagnosi precoce, Veronesi è stato direttore scientifico dell’Istituto tumori di Milano per quasi vent’anni, dal 1976 al 1994, fondatore dell’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc) e dell’Istituto europeo di Oncologia (Ieo). Come chirurgo ha rivoluzionato il modo di operare le donne. Umberto Veronesi è, infatti, uno dei pionieri della chirurgia conservativa del carcinoma mammario, prima causa di morte per tumore nella donna. Con l’ideazione della quadrantectomia, ha permesso a generazioni di donne di non subire profonde mutilazioni al seno. “Vorrei essere ricordato come uno che ha contribuito a migliorare la qualità della vita, soprattutto delle donne”, ha spesso dichiarato nelle tante interviste rilasciate negli ultimi anni.
In una nota l’Airc ricorda come “Veronesi ebbe il coraggio, insieme a Giuseppe Della Porta, quando la parola cancro era ancora un tabù impronunciabile, d’immaginare la nascita, nel 1965, della prima charity italiana sul modello di quelle americane, per favorire la ricerca in questo settore”. “Tutti i malati oncologici – commenta Pier Giuseppe Torrani, presidente dell’Airc – devono molto alla sua lungimiranza di medico e scienziato, e alla sua instancabile tenacia nel perseguire l’obiettivo di terapie più umane, efficaci e accessibili a tutti”.
“Andate avanti perché il mondo ha bisogno di scienza e di ragione”, era solito ripetere l’oncologo scomparso oggi, come ricordano i suoi colleghi della Fondazione. “Umberto Veronesi – aggiunge Redi – ha difeso strenuamente la centralità della scienza biomedica. Fondamentale è stato il suo impegno per l’equità dell’accesso alle cure e per il ruolo della scienza nella società. Per questo, e molto altro ancora – conclude Redi -, la sua è una mancanza che sentiremo tutti enormemente”.