“Li dentro stiamo morendo ogni giorno. Siamo tutti ammalati. Le docce non hanno l’acqua fredda. Ci mancano i vestiti per affrontare l’inverno. Siamo malnutriti”. Il migrante subsahariano si ferma un attimo, giusto il tempo di fissare per qualche istante il ragazzo seduto accanto a lui. “E sai qual è la cosa che ci fa più soffrire? Che il maltrattamento che subiamo è legato al fatto che abbiamo la pelle nera”. Impossibile entrare dentro l’hub di Bresso, il centro di smistamento che accoglie il maggior numero di migranti in arrivo nel capoluogo lombardo. Per farci raccontare cosa succede dentro le alte mura del centro gestito dalla Croce Rossa alle porte di Milano, sono dovuti uscire loro, i richiedenti asilo che da quasi un anno aspettano di capire che fine abbia fatto la loro richiesta di protezione umanitaria. “Il campo non è predisposto per accogliere così tante persone. Dovrebbe ospitare sulle 300, e invece, da un anno, ne ospita più del doppio, ovvero 600-700“, raccontano alcuni volontari dello Sportello solidale migranti e rifugiati di Ri-make, spazio di mutuo soccorso a pochi passi dal centro militarizzato. “I migranti sono parcheggiati in un’attesa infinita, in una zona grigia dove hanno pochissimi diritti”. Lo confermano le parole dei richiedenti asilo, terrorizzati all’idea di farsi riconoscere perché certi che la direttrice del centro li caccerebbe se venisse a sapere che hanno raccontato la situazione in cui vivono. “Sai, dentro all’hub non facciamo niente per tutto il giorno. Stiamo diventando pazzi. Siamo diventati pazzi”
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