Il 19enne, nel tentativo di aiutare il padre, ha potuto vedere da vicino l'uomo. Dalla sua descrizione, si tratterebbe di un giovane straniero alto un metro e sessantacinque, che indossava un cappellino da baseball. I Carabinieri indagano sui documenti dell'Ospedale dove lavorava il primario, alla ricerca di recenti ricorsi o lamentale che potrebbero costituire un movente
In preda al desiderio di vendetta, per la perdita di un proprio caro, e deciso a punire colui che considerava il responsabile della morte. Potrebbe essere questo l’identikit psicologico di chi giovedì 3 novembre ha tentato di accecare con la soda caustica il primario di cardiologia Stefano Tondi, mentre stava rientrando nella sua casa a Vignola, in provincia di Modena. È infatti la vendetta legata allo sfera professionale, la pista privilegiata in questo momento dalla Procura e dai carabinieri, secondo quanto riferisce La Stampa. A dare una svolta alle indagini è stato Michele, il figlio del dottore, colpito dall’acido solo alla testa. Il 19enne, nel tentativo di aiutare il padre, ha potuto vedere da vicino l’aggressore. Dalla sua descrizione, si tratterebbe di un giovane straniero alto un metro e sessantacinque, che indossava un cappellino da baseball.
Il medico è ricoverato in ospedale e rischia di perdere la vista, intanto le indagini stanno prendendo una piega decisa. Si segue appunto la pista della vendetta, commessa da qualcuno che voleva punirlo per qualcosa che ha fatto a lui direttamente oppure a un suo familiare. Per questo i carabinieri, come riferisce la Gazzetta di Modena, si stanno facendo consegnare dall’ospedale di Baggiovara, dove Stefano Tondi è primario della Cardiologia, documenti relativi a eventuali ricorsi contro lui, lettere di lamentele, documenti di eventuali cause aperte. In sostanza, tutto quello che può far pensare a un errore, a una diagnosi sbagliata. Non solo, i militari stanno raccogliendo anche l’elenco di tutti i pazienti della città, dove il cardiologo forniva prestazioni a pagamento, al di fuori del suo normale orario di lavoro. Lo scopo è chiaro: scoprire se ci sono situazioni sospette o contestate, che possano aver generato un sentimento di rancore tale, da portare a voler sfigurare e accecare il medico, magari proprio per impedirgli di svolgere ancora la sua professione.
Il procuratore capo di Modena, Lucia Musti, e il pm Enrico Stefani, non stanno comunque trascurando anche le altre piste. Da un lato la possibilità che qualcuno abbia voluto punire il primario per aver testimoniato nel processo contro i cardiologi del modenese, partito dall’inchiesta ‘Camici sporchi‘. Dall’altro l’idea, rimasta per il momento in secondo piano, che si sia trattato di una vendetta legata alla sfera privata del medico. Come scrive La Stampa, i magistrati non hanno però rilevato ombre nella vita di Tondi: vedovo da un anno, ha un’altra figlia in Australia che da poco lo ha reso nonno. Di una cosa invece gli inquirenti sono sempre più convinti: il nesso tra questa aggressione e l’agguato di cui il dottore era stato vittima una decina di giorni fa. In quel caso aveva fatto in tempo a scappare in casa, dopo che un uomo gli aveva intimato “mani in alto”. Plausibile dunque che il tutto sia stato studiato a tavolino, visto che la villa a Vignola si trova in aperta campagna, al termine di un via senza uscita. L’aggressore probabilmente era sicuro di agire indisturbato: non aveva considerato l’intervento del figlio Michele.