Nuove tensioni fra Israele e Autorità nazionale palestinese (Anp). Dopo la dichiarazione del ministro dell’educazione israeliano che, esultando per la vittoria di Trump, aveva dichiarato ” è finita l’era dello Stato palestinese”, il nuovo terreno di scontro è una proposta di legge per la rimozione degli altoparlanti dalle moschee.
Il governo di Benyamin Netanyahu ha approvato una proposta di legge per vietare gli altoparlanti nelle moschee – strumento attraverso il quale il muezzin chiama alla preghiera – motivandolo come scelta per proteggere la quiete pubblica. Israele “è impegnato a garantire la libertà di culto per tutte le religioni – ha detto il premier – ma ha anche l’obbligo di proteggere i cittadini dai rumori“.
Il presidente palestinese Abu Mazen ha subito attaccato l’iniziativa che “rischia di far sprofondare la Regione in un baratro”. Mentre il suo portavoce Nabil Abu Rudeina ha annunciato che “la leadership dell’Anp si rivolgerà al Consiglio di Sicurezza dell’Onu e a tutti gli organismi internazionali per fermare queste pratiche provocatorie israeliane”. Puntuale anche la condanna di Hamas, da Gaza.
La proposta di legge è stata approvata all’unanimità dalla Commissione ministeriale per la legislazione. Ora al parlamento israeliano, la Knesset, annunciano battaglia i parlamentari arabi che hanno replicato che già oggi esiste il divieto sui rumori eccessivi in zone pubbliche e che non c’è necessità di una legge solo per le moschee. Il provvedimento, al via nell’iter parlamentare, vuole vietare il ricorso ad altoparlanti nelle moschee ma ammette, a discrezione delle autorità, deroghe locali.
La ‘Lista Araba Congiunta’ alla Knesset ha dichiarato che “il tentativo di elementi fascisti del governo estremista (del premier israeliano Benjamin Netanyahu) di vietare il richiamo alla preghiera è una grave violazione e un attacco razzista alla libertà di culto in generale e alla fede musulmana e ai musulmani nello specifico”.