Il presidente del Consiglio intervistato da Fabio Fazio su Rai3 è tornato a parlare della sua permanenza al governo in caso di sconfitta alla consultazione del 4 dicembre prossimo. Ma non ha risposto apertamente alla domanda sulle dimissioni: "La politica non è l’unica cosa che conta nella vita". A Radio Montecarlo ha parlato del voto "antisistema": "Io ho 41 anni, non rappresento il sistema con mio governo, lo sono quelli che per 30 anni potevano cambiare e se ne sono allegramente disinteressati"
“Se dobbiamo lasciare le cose come stanno vengano altri che sono bravi a galleggiare”. Lo aveva detto mesi prima proprio dallo studio di “Che tempo che fa”, ora a distanza di settimane Matteo Renzi è tornato ad affrontare il tema della sua permanenza al governo nel caso in cui il referendum costituzionale fosse bocciato. “Io non sono in grado di restare nella palude”, ha detto. “Uno sta al potere finché può cambiare. Se dobbiamo lasciare le cose come stanno vengano altri che son bravi a galleggiare”. “Si dimetterà?”, gli ha quindi chiesto il conduttore Fabio Fazio. “E che facciamo, lo stesso errore?”, ha scherzato Renzi rimarcando il fatto che una delle più grandi accuse che gli sono state fatte riguarda proprio la personalizzazione della consultazione elettorale. Il leader Pd non ha detto apertamente se si dimetterà o meno in caso di fallimento del progetto di riforma della Costituzione, ma ha commentato: “La politica non è l’unica cosa che conta nella vita”. Per quanto riguarda la compattezza del Partito democratico ha detto di essere d’accordo con il documento firmato con parte della minoranza dem (e in particolare Gianni Cuperlo) per modificare la legge elettorale dopo il 4 dicembre. “Si, accetto modifiche. Sono d’accordo”, ha detto. “Ma la legge elettorale non c’entra con la riforma”.
Intervistato in mattinata da Radio Montecarlo ha ribadito il concetto: “Vince il sì, così la smettiamo di parlare di cosa faccio. Mettiamola così: io ho 42 anni, considero un privilegio aver servito il paese per due anni, se devo stare in Parlamento a vivacchiare, a galleggiare non sono adatto, posso farlo solo se posso cambiare il Paese”. Si è poi rivolto al fronte del No: “Quello che succede lo vedremo il 5, io voglio dire a quelli a cui sto sulle scatole che non è un voto sulla mia simpatia o antipatia ma sul Paese. Chi vota no per antipatia rifletta, il voto non è un dispetto a me”. Renzi ha ammesso che peserà sul referendum il “voto antisistema”: “E’ un dato di fatto ma al referendum chi è l’antisistema? Chi difende i rimborsi dei consiglieri, i super stupendi dei senatori, i professoroni che con una super pensione criticano la riforma o un gruppo di persone che provano a cambiare il Paese. Io non rappresento il sistema con mio governo, lo sono quelli che per 30 anni potevano cambiare e se ne sono allegramente disinteressati e ora sono tornati più per tornare al potere che per altro. Se vince il Sì ci sono meno posti della politica e la politica si semplifica, se vince il No per la politica resteranno l’instabilità, gli inciuci, gli accordicchi”.
Sulle elezioni Usa non ha nascosto la sorpresa per l’elezione di Donald Trump: “E’ stata una sorpresa per tanti”, ha detto sempre nel programma di Fabio Fazio domenica sera, “è difficile capire che presidente sarà. Penso che abbia interpretato il cambiamento in maniera più radicale rispetto a Clinton. La gente vuole scegliere il cambiamento, in alcuni casi fa un po’ paura”. Un successo che ha scosso la politica italiana: “Io vedo molti politici”, ha aggiunto, “specializzati in commenti elettorali, Salvini sembra che abbia vinto lui, le sue ultime vittorie sono Gallarate e Cascina, non il Michigan e il Wisconsin”. Renzi non ha commentato le frasi del repubblicano sugli immigrati clandestini, ma ha detto: “Penso che il Trump presidente sia diverso dal Trump candidato”.
La serata di Renzi si è poi chiusa con un incontro insieme ai giovani dem di Milano dedicato al referendum costituzionale. Da lì il presidente del Consiglio ha voluto lanciare la fase finale della campagna elettorale: “Vi chiedo con il cuore in mano di dedicare un po’ dei prossimi venti giorni ad andare incontro alle persone, a parlarci, se parte il tam tam non ce n’è per nessuno perché la maggioranza degli incerti non ha letto il quesito. Questo quesito permette di chiudere la pagina delle riforme costituzionali e concentrarsi su quello che veramente vale”.