Prima manovra prudente dell'amministrazione 5 stelle in Campidoglio. Ora il rispetto della scadenza del 31 dicembre per la ratifica definitiva appare più probabile. La prima cittadina su Facebook pubblica un video in cui taglia simbolicamente la "Carta di credito del sindaco": "Lotta agli sprechi"
Giù le tasse sui rifiuti, più soldi per le periferie ma tagli a istruzione e beni culturali. Il primo vero bilancio dell’era Raggi a Roma è una manovra “prudente”, in cui il Comune si è dovuto barcamenare tra la necessità cronica di spending review e di dare un segnale ai cittadini. In linea con i numeri del passato, ci sono anche 451 milioni per gli investimenti nel prossimo triennio, di cui 366 per il trasporto pubblico (compresa la Metro C di cui tanto si è parlato dopo l’annuncio di chiusura di Roma Metropolitane). La sindaca su Facebook ha anche pubblicato un video in cui taglia una simbolica carta di credito per “inaugurare la stagione della lotta agli sprechi”: almeno 25 milioni sono stati recuperati da risparmi, come la riduzione dei fondi rper utenze (12 milioni) o per il funzionamento di organi istituzionali (4,5 milioni). Ma queste razionalizzazioni non bastano per recuperare tutte le risorse necessarie, e anche dal Campidoglio spiegano che “per i tanti vincoli da rispettare non è stato possibile fare tutto ciò che avremmo voluto, almeno per ora”. In più, resta aperta la grana dei debiti fuori bilancio, 215 milioni per cui non è stata trovata una soluzione e il Comune dovrà tornare a bussare alla porta del governo. In compenso, la Raggi e l’assessore al Bilancio Andrea Mazzillo possono consolarsi con l’aver approvato lo schema previsionale entro il termine di legge del 15 novembre: a questo punto il rispetto della scadenza del 31 dicembre per la ratifica definitiva appare più probabile, ed allontana lo spauracchio della gestione provvisoria o addirittura del commissariamento.
TA.RI SCENDE DEL 2% – Il bilancio di previsione 2017-2019 era la prima vera prova dei conti per la Roma del Movimento 5 stelle: impossibile considerare l’assestamento 2016, approvato a luglio dall’ex assessore Minenna, alla prima riunione della nuova giunta. Nessuna rivoluzione, ma era difficile aspettarsi qualcosa di diverso: lo schema presentato dall’assessore Mazzillo non si discosta troppo da quello delle precedenti gestioni (come sottolineano anche da ambienti Pd). La misura più importante, o almeno quella che farà più felice i romani, è l’abbassamento della tassa sui rifiuti: un intervento che inciderà sulle casse della Capitale per circa 17 milioni di euro ma permetterà un risparmio in bolletta tra l’1,5 e il 2%. Del resto già l’ex sindaco Ignazio Marino e il commissario Tronca si erano mossi nella stessa direzione, con dei tagli analoghi nel 2015 e 2016: in controtendenza al resto d’Italia, dove la Ta.ri è aumentata mediamente del 32% dal 2012 (dati Uil), nella Capitale è diminuita di circa il 5% negli ultimi tre anni. Confermata anche la scelta di mantenere invariate le altre imposte locali. Venendo meno i finanziamenti extra per il Giubileo (57 milioni) e lo svolgimento del referendum (31 milioni), le entrate correnti ammonteranno a 4,44 miliardi di euro, le spese a 4,64 miliardi: il saldo è negativo per circa 200 milioni, ma dal Campidoglio assicurano che l’equilibrio verrà garantito nel quadro complessivo del bilancio.
TAGLI A SCUOLA E CULTURA – Con l’abbassamento del carico fiscale sui cittadini inevitabile tirare la cinghia altrove: e a dover fare sacrifici saranno ancora una volta scuola e cultura. Rispetto al 2015, infatti, ci sono 15 milioni di euro in meno per Istruzione e diritto allo studio: di questi, però, 12 il Comune conta di risparmiarli dalle supplenze dopo la stabilizzazione di educatori e maestri avvenuti in estate e dalle minori manutenzioni sugli edifici. “Investiremo di più sulla prevenzione”, garantiscono dal Campidoglio. Anche se la situazione delle strutture scolastiche nella Capitale è già critica. Sono 6, invece, i milioni tolti alla Tutela del patrimonio artistico: e si faranno sentire, se il nuovo Regolamento sulle concessioni, da cui dovrebbero rientrare questi soldi, non andasse a buon fine. Su questi due capitoli, però, i tagli alla spesa dovrebbero essere almeno parzialmente compensati da investimenti pari rispettivamente a 28 e 18 milioni di euro (su tre anni). Nel conto dei meno finiscono anche gli 11,7 milioni dello Sviluppo sostenibile e all’Ambiente, che il Comune imputa al minor contributo da parte della Regione. Sorridono invece i Municipi: per le periferie vengono stanziati 230 milioni di euro, 28 in più dell’anno scorso, più 10 milioni “extra” per intervenire su strade e viabilità. Quanto alle politiche sociali, previsto un piano di razionalizzazione che dovrebbe far dimenticare un calo della spesa di 6 milioni e garantire risorse supplementari per 39 milioni: il grosso, però, deriverà dal taglio dei fondi alle Residenze sanitarie assistenziali che potrebbe non essere indolore.
PER I DEBITI TRATTATIVA COL MEF – Le principali linee guida dello schema previsionale sono queste, ancora suscettibili di modifica: dopo essere stata licenziata dalla giunta, la bozza dovrà passare per i Municipi (che daranno un parere non vincolante) e per la commissione Bilancio, prima di approdare in Aula. L’obiettivo è arrivare all’ok definitivo del Consiglio comunale entro il termine ultimo del 31 dicembre, e magari in leggero anticipo per evitare di “approvare il documento con lo spumante in mano”, come aveva promesso il consigliere del Movimento 5 stelle Marco Terranova. Resta, però, lo scoglio dei debiti fuori bilancio: alla fine sono 215 milioni di euro, meno dei 234 milioni delle ultime stime. Ma per saldarli già nel 2016 il Campidoglio non ha trovato altra soluzione che chiedere al governo la concessione di ulteriori spazi di finanza pubblica. La questione (che non riguarda solo Roma) è anche oggetto di alcuni emendamenti alla legge di bilancio presentati in Parlamento dall’Anci, ma fin qui il governo si era mostrato poco propenso ad accettare le richieste della Capitale. In caso contrario, il Comune liquiderebbe subito i pagamenti più urgenti (quelli per cui ci sono già le ingiunzioni, circa 40-50 milioni di euro), e rimanderebbe gli altri al 2017. Portandosi dietro, però, un carico di debiti che rischia di complicare i conti anche del prossimo anno.