LA SINDROME DI ANTONIO di Claudio Rossi Massimi, con Biagio Iacovelli, Antonio Catania, Moni Ovadia (Italia, 2016) Durata: 90’ Voto 1/5 (AMP)
Andare alla ricerca della caverna di Platone non è un sogno di tutti i 19enni italiani, specie contemporanei. Forse, però, lo era di alcuni appartenenti alla generazione delle contestazioni, di quel ’68 le cui conquiste oggi appaiono inesorabilmente sfocate se non distrutte. Antonio è uno di quei giovani sognatori, filosofo idealista per passione genuina, che come “viaggio formativo” post maturità sceglie di peregrinare per la Grecia, l’antico ventre da dove si sono generate le idee maiuscole, sulle tracce dell’uomo che ha inventato l’anima e teorizzato per primo l’abolizione della proprietà privata. Nella Ellade allora sotto la dittatura dei Colonnelli, incontra una serie di personaggi bizzarri e sintomatici di una Weltanschauung ontologicamente saggia, a prescindere dal livello culturale. Ma è l’incontro con la coetanea Maria, bellissima e misteriosa ateniese, a consegnargli parte delle risposte che cercando.
Impossibile elencare il numero di luoghi comuni di cui si fa carico l’esordio “in lungo” del documentarista e romanziere Claudio Rossi Massimi, che attinge proprio da un suo libro la materia per il film. Nulla, purtroppo, figura cinematograficamente al posto giusto, presentando l’operazione come il mero tentativo nostalgico di esplicitare la morale ideologica di una generazione (la propria) utopistica e dunque fallimentare. Non a caso la passione politica di Antonio che accosta Che Guevara a Platone, è definita “sindrome”, cioè nella sua accezione negativa dovuta a quanto poco sia rimasto del Sogno di quei tempi. Ma di negativo, in realtà, resta purtroppo la visione di questa pellicola, occasione mancata per una sana riflessione su quella Meglio Gioventù altrove meglio teorizzata.