Televisione

Rocco Schiavone, perché la fiction con Marco Giallini non merita una polemica senza senso sulla cannabis

Dovremmo esaltare la prova d'attore di Marco Giallini (il cui talento non lo scopriamo certo oggi), o la scrittura di una serie televisiva che una volta tanto ci risparmia i soliti eroi senza macchia della tv italiana. E invece no, nossignore, perché Maurizio Gasparri ha deciso che un personaggio di fantasia che si fuma una canna al mattino va messo all'indice

La polemica di Domenico Naso

Vivessimo in un Paese serio, saremmo qui a commentare Rocco Schiavone, la fiction interpretata Marco Giallini su RaiDue e tratta dai bestseller di Antonio Manzini, come un bell’esempio di serialità “made in Italy”, un prodotto televisivo non convenzionale, originale, ben prodotto e bene interpretato.

Visto che viviamo in Italia, però, ci tocca sopportare la solita polemica ad alto tasso di fuffa, creata ad arte da qualche esponente politico che, evidentemente, non ha di meglio da fare per riempire le proprie giornate parlamentari e dunque pensa bene di innescare un caso basato sul nulla. Se poi il politico in questione è Maurizio Gasparri, ecco che il polverone assume dimensioni esagerate e ci obbliga a darne conto. Il personaggio interpretato da Giallini ha l’imperdonabile colpa, secondo il senatore di Forza Italia, di farsi qualche spinello e di usare un linguaggio non propriamente da lord inglese. Una colpa così grave da meritare una interrogazione parlamentare (firmata anche da Quagliariello e Giovanardi, tanto per non farsi mancare nulla) per chiedere la sospensione della fiction.

Per Gasparri, citiamo testualmente, il personaggio nato dalla penna di Antonio Manzini è “un farabutto, un delinquente di grosso calibro che si fa i cannoni, ladro, corruttore, corrotto, procacciatore di prostitute, violento”. “Ma tutti tacciono e non condannano”, aggiunge indignato l’ex ministro delle Comunicazioni, “la Cucchi non ha detto una parola”. Cosa diavolo c’entri la povera Ilaria Cucchi, da anni alla ricerca di giustizia dopo la vergognosa morte del fratello Stefano, non è dato saperlo. Ma quando Gasparri acchita una polemica a uso e consumo di social e giornali, lo fa con tutti i crismi, tirando dentro tutto quello che gli passa per la mente.

È evidente, almeno si spera, come chiedere la sospensione di un prodotto artistico sulla base dei contenuti e delle abitudini di un personaggio di fantasia sia assurdo. Soprattutto se consideriamo che il prodotto in questione meriterebbe elogi e critiche entusiaste, non battaglie di retroguardia che strumentalizzano una fiction per chissà quale incomprensibile scopo.

Dovremmo esaltare la prova d’attore di Marco Giallini (il cui talento non lo scopriamo certo oggi), o la scrittura di una serie televisiva che una volta tanto ci risparmia i soliti eroi senza macchia della tv italiana. E invece no, nossignore, perché Maurizio Gasparri ha deciso che un personaggio di fantasia che si fuma una canna al mattino va messo all’indice, va cancellato dai palinsesti perché traccia un poliziotto negativo, un modello sbagliato. Dopo aver fatto sfogare l’incorreggibile Gasparri, però, torniamo a parlare di qualità televisiva, analizziamo con sale in zucca e serietà un prodotto che sta avendo un grande successo di pubblico e critica e che ci fa dimenticare per un attimo i don Matteo e i nonno Libero.

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