Per l’occasione torna la bandiera europea alle sue spalle. Il governo Renzi festeggia il suo millesimo giorno ed è il quarto esecutivo più longevo, dopo due di Berlusconi (secondo e quarto) e il primo di Craxi. “Giorni particolarmente belli ed esaltanti”. Presenta i dati su lavoro e economia, a suo dire positivi, ma per i quali comunque il governo non è ancora soddisfatto, “abbiamo ancora fame di progressi”, “dico che stiamo ancora andando piano, soprattutto al Sud”. Ma il compleanno del governo coincide con il rush finale verso il referendum costituzionale del 4 dicembre e il presidente del Consiglio Matteo Renzi è convinto di due cose: la prima, “andranno in tanti a votare“; secondo, la partita è ancora aperta perché ci sono tanti indecisi. “Se vince il No – dice il presidente del Consiglio rispondendo alle domande dei giornalisti – cosa succede al governo lo scopriremo solo vivendo. Credo che questa riforma possa segnare il cambiamento in Italia. Questo governo è nato per cambiare. Se i cittadini bocceranno la riforma, verificheremo la situazione politica. Ma sono convinto che ci sia tanta gente che ha voglia di cambiare e che c’è spazio perché si decida tutto all’ultimo miglio“.
I cronisti in conferenza stampa gli ricordano i sondaggi che praticamente all’unanimità danno il No in vantaggio. Renzi non può che ammetterlo, ma ricorda i risultati dei sondaggi prima delle Europee che davano un testa a testa tra Pd e M5s (e poi i democratici presero quasi il 41) e – in senso opposto – quelli prima delle amministrative, con risultati imprevisti come quello di Torino. “Si potrebbe buttarla sul ridere – ironizza – dal momento che nel 2016 non ne hanno azzeccato una sola, non è che devono iniziare questa volta. Ma vedo la partita referendaria totalmente aperta in ragione degli indecisi. E le buone ragioni che ci spingono a lottare per il Sì sono più forti che mai. Sono convinto che la maggioranza silenziosa degli italiani sappia scegliere sulla base del quesito poi potranno scegliere Sì o No”. E se vince il No non c’è il diluvio, vuol far intendere. Gli chiedono di Bankitalia che prevede “agitazione” dei mercati in caso di bocciatura del referendum. “E’ fisiologico che in presenza di una possibile novità politica, quale essa sia, vi sia una fibrillazione maggiore dei mercati. Succede sempre, lo considero un fatto naturale”.
Il tono è più istituzionale, più “alto”, meno propagandistico rispetto alla campagna elettorale di queste settimane: “Sono 25-30 milioni le persone che andranno a votare e devono decidere se vogliono un’Italia che cambia o mantenere le regole di oggi. Ma ho girato tantissimo l’Italia e avverto forte che c’è un popolo che ha voglia di cambiare e continuo a pensare che, con buona pace degli istituti di sondaggi, ci sia lo spazio perché prevalga il Sì. Vedremo quanti saranno i votanti, i Sì o i No: sarà la democrazia a parlare. Ma questo non toglie niente ai 1000 giorni di governo”. Quello di Renzi è stato davvero un consuntivo a chiusura. Il presidente del Consiglio ha rivendicato molte delle leggi del governo. Ha definito il suo Jobs act, per esempio, come “la legge che ha inciso in maniera più forte sulla realtà, ha rimesso in moto l’occupazione anche se purtroppo soltanto al Nord”. Sottolinea i consumi delle famiglie “saliti dal 3%: un clamoroso abbraccio agli economisti che dicono che gli 80 euro non hanno avuto effetto. La Banca d’Italia stima che abbiano inciso per il 40%, anche se da umile profano di economia, non capisco come facciano a essere così precisi. Gli 80 euro adesso qualcuno li considera una mancia elettorale, ma li consideravano già prima”. “Ci sono tantissime cose – dice – che ho da rimproverarmi ma finalmente c’è un Paese che le cose le fa. Poi mi domando sempre come abbiamo fatto mettendo tre miliardi nella scuola a fare arrabbiare tutti. Evidentemente qualcosa non ha funzionato” ma “nessuno mette in dubbio il fatto che oggettivamente l’Italia si è rimessa in moto”.
A proposito di accenti da consuntivo: “Il nostro compito era anche portare a casa la ripartenza che va ancora piano ma è molto più forte di prima”. “La crescita non è soddisfacente – continua – ma decisamente migliora: dal febbraio 2014 a oggi il Pil è cresciuto dell’1,6%” ed è tornato il segno più dopo che il segno era meno con i governi Letta e Monti. Inoltre “è diminuito il rapporto deficit-Pil” e migliorano gli altri indicatori economici, dal debito che scende ai consumi che salgono. “Siamo soddisfatti? No, abbiamo fame di futuro, ancora voglia di crescere. Ma i numeri dimostrano” che l’economia migliora”. L’Italia, tre anni fa, “stava attraversando un’ecatombe di posti di lavoro“. “Stiamo andando bene? No. Stiamo andando meglio? Sì”.
Ma Renzi ha anche concluso che quello di cui è più fiero è stato il “lavoro da boy scout” su quella che ha chiamato “anima sociale” del Paese, “sulla cultura e sulla società”, citando tra gli esempi la legge sul Dopo di noi e le misure per il parco archeologico di Pompei.