L'indagine Alto Piemonte aveva portato all'arresto di 16 persone, alcune ritenute legate alla cosca Pesce-Bellocco. Nessuna accusa alla società bianconera, emersi contatti fra gli indagati e dirigenti della squadra per ottenere ticket da rivendere a prezzo maggiorato
L’inchiesta è chiusa. Gli indagati diminuiscono, ma tra gli 84 reati scoperti dagli investigatori resta un fatto: secondo la Direzione distrettuale antimafia di Torino una cellula della cosca Pesce-Bellocco nell’Alto Piemonte ha creato un gruppo di ultras della Juventus in modo di stringere contatti con funzionari e manager della società, ottenere biglietti da rivendere a prezzo maggiorato e proporre il figlio di un ‘compare’ al settore giovanile.
Nell’avviso di chiusura dell’indagine la società non figura come “parte offesa” né come responsabile: nessuno dei dirigenti coinvolti è stato indagato al termine dell’inchiesta. Sulla gestione dei biglietti, però, potrebbe far luce la procura federale della Figc che ha ottenuto copia degli atti e vorrebbe valutare la possibile violazione di due norme del codice della giustizia sportiva.
L’inchiesta penale della squadra mobile della Questura di Torino, guidata dal dirigente Marco Martino e coordinata dai sostituti procuratori Monica Abbatecola e Paolo Toso, si chiama Alto Piemonte, zona in cui erano attivi molti dei presunti ‘ndranghetisti indagati per reati come associazione mafiosa, estorsione, detenzione di armi, tentato omicidio e altro. Sedici persone erano state arrestate il 1° luglio scorso per queste accuse, mentre due avevano l’obbligo di firma. Tra di loro compaiono Saverio Dominello e suo figlio Rocco, ritenuti esponenti della cosca Pesce-Bellocco, indagati per associazione mafiosa e tentato omicidio.
Sarebbero loro gli ideatori de “I gobbi”, un gruppo ultras che nella primavera 2013 è apparso alla curva Scirea dello Juventus Stadium. È con questo gruppo che la ‘ndrangheta si sarebbe inserita nel business del bagarinaggio, un affare che riusciva a far quintuplicare il prezzo di alcuni ticket con grossi guadagni per l’organizzazione criminale. Ad aiutarli in questo affare, sostiene la procura, ci sarebbe stato Fabio Germani, un ex ultras e fondatore dell’associazione “Bianconeri d’Italia”, grazie alla quale aveva buoni rapporti con la società di Andrea Agnelli. Tramite lui Rocco Dominello ha agganciato Alessandro D’Angelo, responsabile della sicurezza della Juventus, Stefano Merulla, manager della biglietteria, e l’amministratore delegato Giuseppe Marotta. Per questa ragione Germani, difeso dall’avvocato Michele Galasso e da poco tornato in libertà con l’obbligo di firma, è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa.
Era un “preoccupante scenario che vede alti esponenti di un’importantissima società calcistica a livello nazionale e internazionale consentire di fatto un bagarinaggio abituale e diffuso come forma di compromesso con alcuni esponenti del tifo ultras”, scriveva nell’ordinanza di custodia cautelare il gip Stefano Vitelli. Tuttavia il 25 ottobre scorso, durante l’assemblea degli azionisti della Juventus, il presidente Agnelli ha ribadito che la società “non ha mai offerto biglietti omaggio o alcuna regalia a gruppi organizzati”.