Si profila un inverno molto freddo per chi vive in Europa. Non solo perché particolarmente rigido ma anche, e soprattutto, perché le forniture di gas russo sarebbero di nuovo a rischio. Sono vari infatti gli allarmi in questi giorni su possibili interruzioni di metano proveniente da Mosca a causa delle tensioni con l’Ucraina. In una telefonata con la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente russo Vladimir Putin ha detto che, “dato il rigido inverno previsto dai meteorologi, possono crescere i rischi del prelievo non autorizzato per mano dell’Ucraina di una parte del gas russo diretto in Europa”. Stesso concetto è stato ribadito dal ministro russo dell’Energia, Aleksander Novak, che ha spiegato che la quantità di gas stoccata all’interno dei depositi sotterranei ucraini non è sufficiente per soddisfare il fabbisogno delle città con temperature così fredde. Così, infine, anche il colosso russo Gazprom: “La minaccia di problemi di transito è molto alta a causa dell’insufficienza del gas immagazzinato nei depositi sotterranei ucraini, perché oltre 3 miliardi di metri cubi non sono stati iniettati”, ha detto il vice-presidente del Gruppo, Alexander Medvedev.

Uno stop alle forniture non è un’ipotesi così remota. Negli ultimi anni i flussi di gas garantiti all’Ucraina sono stati interrotti numerose volte per problemi legati ai pagamenti da parte di Kiev e per tensioni politiche. Il Vecchio Continente si è così ritrovato già in passato a temere di rimanere al gelo: la maggior parte del gas venduto dalla Russia ai Paesi europei, che pesa per oltre un terzo del consumo totale, passa infatti nei gasdotti che attraversano l’Ucraina. Gli ultimi dati sulle forniture di gas all’Europa (e alla Turchia) diffusi da Gazprom evidenziano che nei primi 10 mesi del 2016 si è registrata una crescita di 13,05 miliardi rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Data quindi la storica dipendenza energetica dell’Europa da Mosca, la Commissione Ue ha tentano in varie occasioni di mediare tra la Russia e l’Ucraina. E anche questa volta si è detta “pronta a continuare con il ruolo di facilitatore, se entrambe le parti lo desiderano”. Eppure, nonostante i buoni propositi, le ultime manovre di Bruxelles non distendono affatto la tensione, anzi. A fine ottobre infatti la Commissione europea ha dato il via libera a Gazprom ad aumentare dal 50 al 80% l’utilizzo di Opal, la condotta che dal gasdotto russo-tedesco Nord Stream 1 porta il gas nel Vecchio Continente senza dover passare per l’Ucraina. La quale ha quindi protestato evidenziando che in questo modo Kiev soffrirà notevoli danni economici: avremo “ingenti perdite, fino a 425 milioni di dollari l’anno”, ha stimato la società energetica nazionale Naftogaz.

Tra l’altro la decisione di Bruxelles è vista come un passo in avanti per la realizzazione del tanto contestato Nord Stream 2, ossia il raddoppio del North Stream 1 che dalla Russia arriva alla Germania, bypassando l’Ucraina. Tant’è che è sceso in campo lo stesso Parlamento di Kiev che ha chiesto all’Europarlamento e ai parlamenti nazionali degli Stati membri di impedire la realizzazione dei progetti energetici infrastrutturali che aggirano il territorio ucraino. In particolare i parlamentari chiedono di bloccare i progetti Nord Stream 2 e Turkish Stream, l’altro gasdotto che dovrebbe portare il gas azero in Europa, arrivando in Italia via Tap, sempre aggirando l’Ucraina.

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