La nascita di una bambina, in un paese come la Repubblica Democratica del Congo, non è quasi mai un momento di gioia. Ogni madre, in un posto così, sa che un maschio avrà più possibilità, avrà più speranze di sopravvivere, avrà probabilmente una vita migliore. Per questo ogni madre spera, in fondo, che il figlio sia maschio, spera di risparmiare alla vita che sta per nascere la convivenza con la paura costante, il peso continuo che una donna si porta dietro, il rischio incessante di essere sfruttata, degradata, abusata, violata.

Centinaia di migliaia di donne e ragazze sono continuamente vittime di violenza sessuale in Repubblica Democratica del Congo: nel 2015, 13.300 sono stati i casi di stupro denunciati, ma molti degli episodi di violenza e abusi commessi sulla donne rimangono sommersi, nascondendo un fenomeno che ha proporzioni agghiaccianti.

Il corpo della donna è il campo di battaglia su cui molti dei conflitti africani si combattono, lo stupro è una vile e indegna arma di battaglia il cui orrore continua a perpetrarsi e la Repubblica Democratica del Congo non fa eccezione. Un immenso paese al centro dell’Africa, una terra ricca, una vegetazione rigogliosa, risorse naturali, legno, oro, diamanti, coltan, un sottosuolo ambito e continuamente profanato, esattamente come il corpo delle donne che lo abitano.

Un paese in cui, nonostante le ricchezze naturali, il 63% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà e le violazioni dei diritti e della dignità umana sono diffuse e continue, soprattutto ai danni di donne e bambini, più deboli e vulnerabili. Decenni di instabilità politica e combattimenti, l’insorgenza di almeno settanta gruppi ribelli tutt’oggi armati e attivi, un clima politico teso e incerto, hanno trasformato l’utilizzo della violenza, gli abusi, i soprusi e le continue violazioni della dignità umana nella quotidianità per migliaia di civili nel paese, soprattutto nell’est, dove lavoriamo.

Gli operatori Intersos hanno riportato, da Gennaio 2016, oltre 19.000 episodi di violazione dei diritti umani, solo nella provincia dell’Ituri: arresti arbitrari, lavoro forzato, estorsioni, rapimenti, violenze fisiche, stupri e abusi sessuali. Oltre la metà di questi casi sono ai danni di donne e bambine. Quando non è un fucile puntato alle tempie e le urla di uomini armati, sono fame e povertà estrema a violare il corpo e la dignità delle donne.

Di 1,6 milioni di sfollati nell’est della Repubblica Democratica del Congo che devono fuggire continuamente dalle proprie case per scampare ad assalti e combattimenti tra gruppi armati, più della metà sono donne: molte, nell’impossibilità di difendersi e senza alcuna fonte economica per far sopravvivere la famiglia, sono costrette a usare la sola risorsa che hanno, il proprio corpo, per sfamare i figli. In Nord Kivu, nell’est del paese, a un uomo bastano anche solo 500 franchi congolesi (circa 50 centesimi di euro) per disporre un’intera giornata di una donna sfollata, sola, che deve sfamare i suoi figli. Che scelta può avere una donna, se l’alternativa è vedere i suoi figli morire di fame?

Chloe, Mamie, Annie sono operatrici Intersos in Repubblica Democratica del Congo e queste storie le ascoltano ogni giorno e ogni giorno si scrollano di dosso la frustrazione e il dolore per quello che vedono. Ogni giorno cercano di cambiare la condizione di queste donne. Attraverso l’ascolto, la presenza continua, la condivisione e la denuncia dei casi di abusi: è un lavoro costante, di prossimità e supporto reciproco. Intersos lavora in Repubblica Democratica del Congo dal 2010 per portare aiuto alla popolazione costretta a fuggire dagli attacchi dei gruppi armati attivi nell’est del paese.

Dal 2016 stiamo lavorando per identificare i casi di violenze e abusi e i soggetti più a rischio, creando un sistema di allerta tempestivo nei casi di violazione dei diritti umani, in particolare dei casi di abusi e violenze sessuali; stiamo promuovendo la protezione di donne e ragazze a rischio di contrarre l’Hiv e l’Aids, attraverso il coinvolgimento e la partecipazione diretta della popolazione locale con campagne di sensibilizzazione e incontri mirati di formazione; supportiamo economicamente le donne sole che non hanno mezzi di sostentamento affinché abbiano un’alternativa alla prostituzione, per sopravvivere.

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