“I bambini in una caserma non ci devono neanche mettere piede”. A lanciare l’appello al ministero dell’Istruzione Stefania Giannini e al ministero della Difesa Roberta Pinotti è Franco Ferrario, obiettore di coscienza e soprattutto papà. Da quando suo figlio Lorenzo, due anni fa è tornato a casa raccontandogli di aver visto le fotografie dei compagni con in mano delle pistole non si è dato più pace e quest’anno in occasione della giornata “Caserme aperte” , il 4 novembre scorso, ha deciso di rilanciare una petizione via Change.org “per condannare tutte le iniziative che coinvolgono alunni della scuola nell’esaltazione e nell’uso delle armi”.
Anche nel 2016, infatti, non sono mancati episodi come quello vissuto da Ferrario e sul portale dell’esercito tra le attività promozionali si citano le “visite da parte delle scolaresche finalizzate a far conoscere direttamente la vita di tutti i giorni dei reparti”. Sul sito si dà notizia dell’incontro avvenuto nei giorni scorsi tra i ragazzi degli istituti scolastici di Trieste e i militari del reggimento “Piemonte Cavalleria” per far conoscere “da vicino la realtà. E tra le news spunta persino la visita della scuola dell’infanzia “Delfino Blu” con tanto di disegni fatti dai bambini in cui appaiono soldati con carri armati mentre tirano bombe. “Serve una circolare ministeriale che chiarisca al più presto che quando dei minori fanno visita ad una caserma – spiega Ferrario – non ci devono essere armi in vista. Qual è l’obiettivo didattico? Quale la valenza pedagogica? Ai piccoli coinvolti in queste esperienze risulta quasi impossibile comprendere che l’uso delle armi non è un bel gioco”.
Sulla vicenda in realtà nel 2015 era già intervenuto anche il ministro Pinotti che in risposta ad un’interrogazione del deputato di Sinistra Italiana Giovanni Paglia su quanto avvenuto alla caserma “De Gennaro” di Forlì dove ai bambini in visita sarebbe stata proposto l’uso di armi giocattolo per il tiro al bersaglio, aveva difeso l’iniziativa “Caserme aperte” e ammesso quanto accaduto: “Ineludibilmente la principale attività svolta nelle caserme è quella addestrativa che prevede tra l’altro l’uso delle armi da parte del personale militare. Ciò premesso, la circostanza che il personale militare fornisca delle dimostrazioni teorico-pratiche delle attività addestrative di base, tra le quali mini percorsi ad ostacoli, l’arrampicata e il tiro al bersaglio con armi ad aria compressa, costituisce anche una forma di trasparenza e un piccolo spaccato di quotidianità, ben lontano dalla rappresentazione dell’uso delle armi quali modalità di risoluzione dei conflitti. Peraltro, ogni attività svolta in occasione dell’iniziativa è stata accompagnata dalla presenza di educatori (genitori o insegnanti) che hanno consentito in alcuni casi, solo a coloro che hanno manifestato l’intenzione di farlo, di praticare alcune attività a carattere esclusivamente ludico-ricreativo”. Una situazione intollerabile secondo Ferrario: “E’ chiaro e giusto che un bambino si affascini al tiro al bersaglio ma gli adulti hanno delle gravi responsabilità. Forse è utile che attraverso i mezzi normativi più opportuni siano promossi percorsi didattici capaci di educare seriamente e concretamente alla pace ed alla risoluzione nonviolenta dei conflitti”.