’udienza preliminare è stata fissata per il prossimo 22 dicembre. Arriva dunque al capolinea l’inchiesta sul presunto ruolo del latitante negli omicidi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. L'ordinanza di custodia cautelare per Messina Denaro era stata emessa dal gip di Caltanissetta nel gennaio scorso
“A processo per le stragi di Capaci e Via D’Amelio”. I pm di Caltanissetta hanno chiesto di rinvio a giudizio del boss Matteo Messina Denaro perché considerato uno dei mandanti delle stragi del 1992. L’udienza preliminare è stata fissata per il prossimo 22 dicembre. Arriva dunque al capolinea l’inchiesta sul presunto ruolo del latitante negli omicidi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. L’ordinanza di custodia cautelare per Messina Denaro era stata emessa dal gip di Caltanissetta nel gennaio scorso.
Per il procuratore capo di Caltanissetta Amedeo Bertone, i sostituti Lia Sava e Gabriele Paci e il pm Stefano Luciani, Messina Denaro fu tra i componenti della cupola mafiosa che decisero la morte. Per gli inquirenti Matteo Messina Denaro ebbe di fatto lo stesso un ruolo come Toto’ Riina. Capo della cosca di Castelvetrano, nel trapanese, Messina
Denaro è stato killer di fiducia di Riina e Provenzano. Il primo ordine di custodia cautelare per lui arriva nel 1993, per
omicidio. Ed è solo l’inizio di una lunga serie di mandati, spiccati mentre lui, da oltre vent’anni, è latitante e persino
sul suo volto non ci sono che identikit.
Messina Denaro fu tra gli organizzatori del rapimento del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un collaboratore di giustizia, strangolato e sciolto nell’acido da Brusca nel ’96. È stato condannato per le stragi del 1993 a Roma, Firenze e Milano, con l’accusa di aver custodito in una cava del trapanese una parte dell’esplosivo usato per le bombe agli Uffizi di Firenze e alla chiesa di San Giorgio al Velabro a Roma.
Accogliendo la richiesta della Procura il gip scriveva: “Partecipava e ideava un programma criminale teso a destabilizzare le istituzioni e concorreva a deliberare l’esecuzione del piano di uccisione del dottor Falcone”. Non solo. “Entrava a far parte di un gruppo riservato creato da Toto’ Riina e alle dirette dipendenze di quest’ultimo” per organizzare a Roma un attentato che aveva come obiettivi lo stesso Falcone, l’allora ministro della giustizia Claudio
Martelli e il conduttore televisivo Maurizio Costanzo.
Se fosse così troverebbero riscontro le dichiarazioni di numerosi ‘pentiti’ che nel tempo hanno parlato del suo ruolo di mandante degli attentati ai giudici Falcone e Borsellino. Come raccontato più volte dai pentiti Vincenzo Sinacori e Francesco Geraci, Messina Denaro avrebbe preso parte, a settembre del 1991, al summit mafioso di Castelvetrano in cui sarebbe stato pianificato il progetto della strage di Capaci. Alla riunione c’erano anche boss come Riina e Giuseppe Graviano. Più collaboratori di giustizia hanno riferito inoltre che Messina Denaro partecipò alla “missione” del commando che avrebbe dovuto assassinare Falcone a Roma, azione che la mafia voleva mettere a segno alla fine di febbraio del 1992, ma che fallì. E aveva progettato l’assassinio di Borsellino fin da quando questi era procuratore di Marsala. Del super latitante ancora non c’è traccia, ma da almeno un paio d’anni attorno a lui si sta facendo terra bruciata e numerosi componenti della sua famiglia sono finiti in carcere.