Da una parte i due deputati regionali che si sono autosospesi dal Movimento, seguendo le richieste di Beppe Grillo. Dall’altra i parlamentari che invece tengono duro: non intendono fare alcuna mossa prima di aver ricevuto ufficialmente un avviso di garanzia. È una vera e propria spaccatura quella che rischia di aprirsi tra i 5 Stelle palermitani, travolti dall’inchiesta della procura sulle firme depositate per le amministrative del 2012. Nessuno fino ad oggi ha ancora ricevuto un avviso di garanzia e nemmeno un invito a comparire. In queste ore i pm Dino Petralia e Claudia Ferrari sono volati a Roma, per continuare le audizioni di attivisti e parlamentari presenti al meet up di via Sampolo, a Palermo, la notte del 4 aprile del 2012, e cioè quando le firme originariamente raccolte nei moduli che recavano un errore nel luogo di nascita di un candidato al consiglio comunale erano state ricopiate su altri fogli. Parallelamente la Digos sta continuando a convocare i cittadini che avrebbero sostenuto la lista del M5s alle amministrative palermitane: molti di loro – si parla di 1.400 autografi, compresi quelli di parecchi attivisti della prima ora – hanno disconosciuto la grafia della propria firma contenuta nei moduli depositati in municipio. In tre invece non ricordano proprio di aver firmato per la lista dei 5 Stelle ma solo per il referendum sull’acqua pubblica: tra quei anche Fabio Trizzino, marito di Lucia Borsellino, la figlia del giudice assassinato in via d’Amelio il 19 luglio del 1992. Solo alla fine di questo iter – e cioè non prima di giovedì o venerdì – gli inquirenti sembrano intenzionati a interrogare gli indagati che a oggi sarebbero almeno otto tra parlamentari nazionali, regionali e attivisti.
Ai piani alti del Movimento, però, non sono passate inosservate le due opposte condotte tenute dagli eletti coinvolti nell’indagine. Da una parte c’è Claudia La Rocca, la consigliera regionale che l’8 novembre ha deciso di andarsi a sedere davanti ai pm per raccontare spontaneamente tutto quello che sapeva sulla vicenda delle firme ricopiate. In quei giorni di aprile del 2012 c’era anche lei tra gli attivisti presenti al meet up. Dopo aver riempito alcune pagine di verbali, La Rocca ha dunque seguito l’indicazione di Grillo, autosospendendosi dal Movimento, seguita a ruota da un altro deputato regionale, Giorgio Ciaccio. Fermi sulle loro posizioni sono rimasti invece i parlamentari nazionali Riccardo Nuti e Claudia Mannino. Entrambi erano stati tirati in ballo da Vincenzo Pintagro, l’attivista della prima ora che aveva raccontato di avere sorpreso Mannino (insieme all’attuale aspirante candidato sindaco Samantha Busalacchi) intenta a ricopiare le firme nella sede di via Sampolo, mentre Nuti, candidato sindaco nel 2012, era stato accusato di essere a conoscenza dell’intera vicenda. Come hanno reagito i due parlamentari nazionali? Prima hanno querelato Pintagro – denunciato anche dagli altri deputati Giulia Di Vita, Loredana Lupo e Chiara Di Benedetto – poi si sono stretti nel più assoluto riserbo. Un silenzio tenuto anche nei confronti dei vertici del Movimento che continuano a chiedere spiegazioni: se La Rocca ha deciso di collaborare con i pm e Ciaccio si è autosospeso solo perché ha visto il suo nome comparire sui giornali, perché Nuti e Mannino al contrario non accennano neanche un minimo passo indietro? Una domanda che si pongono anche alla base del M5s a Palermo. “Vogliamo noi attivisti del movimento 5 stelle palermitano sfiduciare tutti gli eletti palermitani del M5s, in quanto appartenenti al Meetup Il Grillo di Palermo per come hanno gestito e come continuano a gestire il M5s locale e per la vicenda Firme comunali 2012?”, è il sondaggio lanciato da Daniele Romano sul gruppo Facebook degli attivisti pentastellati palermitani.
Tra i grillini del capoluogo siciliano, infatti, il clima non è dei migliori: in molti nutrono del risentimento nei confronti dei parlamentari, incapaci di gestire una vicenda che alla fine è esplosa travolgendo l’intero Movimento. In più la storia delle firme ricopiate o false ha influenzato direttamente le comunarie: da tre mesi 122 aspiranti candidati sindaco attendono che i vertici diano il via libera alle elezioni online per scegliere il concorrente di Leoluca Orlando nella primavera del 2017. Ma nessuna mossa potrà essere fatta prima che la procura completi le sue indagini: tra i candidati alle comunarie, infatti, compaiono alcune persone coinvolte nell’inchiesta, come Busalacchi, o comunque citati nella vicenda, come Riccardo Ricciardi, marito della deputata Loredana Lupo, la persona che ha presentato materialmente la lista M5s nel 2012. Ed è proprio la coppia Lupo – Ricciardi a finire nel mirino dell’ultimo servizio delle Iene, la trasmissione di Mediaset che ha fatto scoppiare il caso. L’inchiesta dell’inviato Filippo Roma questa volta fa tappa in un condominio del quartiere Malaspina, a Palermo, dove abitano la parlamentare e il marito. Anche le loro firme compaiono nei moduli depositati dal M5s in municipio nel 2012, rispettivamente alla prima e alla nona posizione del foglio numero 208. In mezzo c’è l’autografo di Paolo Di Blasi, portiere del condominio in cui abita l’onorevole Lupo. Sarebbe stata proprio la parlamentare a recarsi a casa di Di Blasi per raccogliere la sua firma e quelle della moglie e della figlia.
“Questa è la sua firma, signor Di Blasi?, chiede l’avvocato Carmelo Miceli, segretario provinciale del Pd che da legale ha collaborato all’inchiesta delle Iene. “No, sono diverse, e questa chi me l’ha fatta?”, risponde il portiere. La trasmissione Mediaset si avvale anche della collaborazione di Laura Guizzardi, perito grafologo del tribunale di Milano. A lei l’inviato Filippo Roma chiede: “Lo stampatello con cui sono compilati i nomi riportati sul modulo, come ti sembra rispetto allo stampatello che troviamo sull’autocertificazione di Ricciardi?”. “Sembra lo stesso stampatello – risponde la grafologa – gli elementi più personalizzati corrispondono e da qui si deduce che è la stessa mano”. In pratica secondo le Iene nello stesso modulo in cui le firme dell’onorevole Lupo e del marito sembrano autentiche, compaiono anche le firme di Di Blasi e della moglie: che però non le riconoscono.
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