“Era una battuta“, “Il suo metodo non è il mio”, “Ha già parlato Renzi“. Anzi, per dirla con Cuperlo: “Insegue gli estremi della sua caricatura”. De Luca non è un problema per il Pd. E se c’è il problema, è “generale”, della classe politica. E poi non è un problema politico, semmai solo di comunicazione. Quando il presidente della Campania riempie di complimenti il sindaco di Agropoli perché organizza bene il voto clientelare, lo fa perché cammina sul “crinale del paradosso”. Il Pd sulle frasi di De Luca è stato zitto, per ore, per giorni. Ha parlato solo se interrogato. Ha parlato il segretario Matteo Renzi solo perché gli ha fatto la domanda Alessandro Milan a Radio24 e lì il presidente del Consiglio ha risposto dicendo che “quei metodi non sono i miei”. Ha parlato il presidente Matteo Orfini solo perché gli ha fatto la domanda ilfattoquotidiano.it. Ha parlato l’ex presidente Gianni Cuperlo solo perché è stato contattato ancora dal fatto.it. Hanno parlato le commissioni di garanzia locali del Pd solo perché interrogate di nuovo da questo giornale. E, come se De Luca facesse parte di un altro partito, di tutti questi solo la senatrice Lucrezia Ricchiuti ha definito, sempre parlando a ilfatto.it, quelle frasi “una vergogna”. Per tutti gli altri il problema non esiste.
Per una parte degli iscritti, invece, il problema è forse capire se vale ancora il codice etico del Pd, la carta d’identità del Partito democratico. Tra i principi di riferimento (articolo 2, comma 5) si legge: “Le donne e gli uomini del Partito Democratico ispirano il proprio stile politico all’onestà e alla sobrietà. Mantengono con i cittadini un rapporto corretto, senza limitarsi alle scadenze elettorali. Non abusano della loro autorità o carica istituzionale per trarne privilegi; rifiutano una gestione oligarchica o clientelare del potere, logiche di scambio o pressioni indebite”. “Il codice etico – si limita a rispondere Cuperlo – dovrebbe valere sempre, ciascuno di noi dovrebbe rispettarlo”. Se la procedura che dovrebbe portare le parole del governatore alla commissione di garanzia non dovesse essere attivato, solleverebbe lei la questione?, chiede ilfatto.it. “No, non mi faccia entrare in polemica”.
Gianni Cuperlo precisa due o tre volte “ma non sto parlando di De Luca, sto parlando in generale”. L’ex presidente del Partito democratico, leader di una delle correnti di minoranza e firmatario dell’accordo sull’Italicum, non crede di dover dire niente nel merito di quell’intervento a favore del Sì che il governatore De Luca ha fatto davanti ai 300 sindaci campani. “Ma su De Luca ho già fatto una dichiarazione… – risponde sulle prime – Ah no, quella era per Rosy Bindi“. Il governatore dà sempre molto da lavorare, a tutti.
Per Cuperlo, insomma, il problema è un altro. “Negli Stati Uniti una volta all’anno c’è una serata di gala in cui il presidente di turno fa delle battute. Una serata deputata a questo, ma dove è chiaro che le battute non si alternano a temi seri”. Secondo il deputato del Pd De Luca “insegue gli estremi della sua caricatura con la ricerca esasperata della battuta che riflette l’immagine di uno stile della politica che non è il mio”. E per caricatura s’intende l’imitazione di Maurizio Crozza. De Luca, continua il capo di Sinistradem, ha abituato tutti a “continue affermazioni sul crinale del paradosso e quando abusi del paradosso, dell’iperbole, della metafora, il problema si pone in termini di responsabilità. Anche Grillo fa lo stesso e in quel caso non si capisce la differenza di quando parla negli spettacoli dentro ai palazzetti o quando parla da capo politico del suo movimento”. Da qui, continua l’ex presidente del partito, la classe politica ha “la responsabilità collegiale di interrompere questa commistione di generi”.
Il Partito democratico ha espulso iscritti per molto meno, però. Un episodio tra i più recenti è per esempio quello di Sesto Fiorentino, dove un gruppo di consiglieri comunali avevano tolto la fiducia al sindaco (la renziana Sara Biagiotti) e sono stati messi alla porta per via di quella che viene definita “una lesione d’immagine”. “Io credo che il Pd vada davvero rifondato, anche se questa parola è stata già utilizzata in passato. Il Pd va ripensato perché temo molto che abbiamo smarrito in senso di comunità politica, di identità. Un processo che rischia di portarci indietro a un periodo passato in cui la politica era solo dei notabili”.
Per il deputato democratico, dunque, è “arrivato il momento di ricostruire il senso dell’appartenenza politica. Spesso abbiamo sentito in passato l’espressione ‘non c’è niente di penalmente rilevante‘: spesso è diventato uno scudo per la classe politica, un alibi. Il garantismo è una cosa seria. Invece qui bisogna distinguere tra ciò che è penalmente rilevante e ciò che comunque la politica deve considerare”. Cuperlo ribadisce che nel suo ragionamento De Luca non c’entra. Eppure sembra che abbia scattato una fotografia.