Punto centrale la non responsabilità degli agricoltori se il principio attivo, Thc, sfora lo 0,2%, mantenendosi però entro il limite fissato. In questo caso la sativa è coltivabile "senza necessità di autorizzazione". Molti i possibili impeghi, dagli alimenti ai tessuti ai carburanti
Passata la proposta di legge per lo sviluppo della filiera della canapa. L’annuncio arriva dalla commissione Agricoltura del Senato che in sede deliberante l’ha approvato in via definitiva e all’unanimità. Nel mese di settembre tutti i gruppi avevano ritirato gli emendamenti presentati e due settimane fa, su richiesta del relatore Mario Dalla Tor (Ap), la proposta di legge era stata assegnata alla 9a commissione di Palazzo Madama.
“Abbiamo colmato un vuoto legislativo – ha dichiarato il senatore di Area popolare Ncd–Udc, Dalla Tor, relatore del provvedimento – e viene regolamentato un settore in forte espansione, con notevoli margini di crescita. La canapa è una coltura in grado di contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale in agricoltura, del consumo dei suoli, della desertificazione e della perdita di biodiversità. Inoltre – ha aggiunto – ha un utile impiego come sostituta di colture eccedentarie e come coltura da rotazione”.
Il punto centrale della proposta di legge – già approvata dalla Camera – è la non responsabilità degli agricoltori se il Thc, principio attivo delle piante (la canapa destinata alla produzione di fibre, detta cannabis sativa), sfora lo 0,2%, mantenendosi però entro lo 0,6%. Questo fa si che la coltivazione della cannabis sativa sia possibile “senza necessità di autorizzazione”.
Nel disegno di legge si delimita quello che è possibile ottenere: alimenti e cosmetici prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori; semilavorati, quali fibra, canapulo, polveri, cippato, oli o carburanti, per forniture alle industrie e alle attività artigianali di diversi settori, compreso quello energetico; materiale destinato alla pratica del sovescio, cioè come fertilizzante; materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la bioedilizia; materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifica di siti inquinati. E ancora: coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da parte di istituti pubblici o privati; coltivazioni destinate al florovivaismo. Ma anche per scopi energetici solo per autoproduzione aziendale.
Per quanto riguarda gli alimenti sarà un decreto del ministro della Salute e definire i livelli massimi di residui di Thc ammessi. Infine – tra le misure previste – la destinazione da parte del ministero dell’Agricoltura di una quota delle risorse disponibili a valere sui piani nazionali di settore di propria competenza, nel limite massimo di 700 mila euro all’anno, “per favorire il miglioramento delle condizioni di produzione e trasformazione nel settore della canapa”. Inviati a controllare i campi delle coltivazioni saranno gli uomini del Corpo Forestale dello Stato.