Con quella scusa Berlusconi poteva dire tutto: ha dato del kapò a un europarlamentare tedesco, ha detto che il presidente americano era abbronzato, ha fatto le corna a un vertice europeo, ha detto che quelli dell’opposizione erano coglioni, ha ripetuto più volte che i film e i libri sulla mafia rovinavano l’immagine dell’Italia, ha detto durante una Giornata della Memoria che Mussolini aveva fatto anche cose buone. Ogni volta che gli usciva un’enormità, il partito si metteva a testuggine, armata di spara-scuse: è stato decontestualizzato, è stato frainteso, stava scherzando, conoscete l’ironia del presidente, era una battuta, era un paradosso, un motto di spirito, sapete com’è fatto, è uno come tutti. Anzi, “Berlusconi è Berlusconi”. In gioco, d’altra parte, c’era un seggio, un incarico, la rielezione, un’indennità, a volte un’immunità. Ora quel tic sembra essere stato trasmesso da Forza Italia e dal Pdl al Partito democratico.

Ma ora a beneficiare del passaporto per spararla grossa non è più il presidente del Consiglio. Più semplicemente un presidente di Regione, Vincenzo De Luca, che ne dice di ogni tutti i giorni e viene costretto alle scuse – con grande fatica – solo quando supera il limite ultimo e definisce Rosy Bindi una “infame, da ammazzare”. Una soglia, l’ultima, che il “sindaco della Campania” scavalca perché fino a quel punto nessuno gli ha detto che forse ci sarebbe almeno da rallentare. Perché De Luca stava scherzando, conoscete l’ironia del presidente, era una battuta, era un paradosso, sapete com’è fatto. “De Luca è De Luca”. Così se a Renzi, Orfini e Cuperlo si chiede conto delle frasi del presidente sul voto clientelare (“Che bello!”) il pre-stampato sembra di nuovo scaricabile in pdf, uguale per tutti: “Ci sono due De Luca in testa: quello di Crozza e quello che ha fatto il sindaco”, “Le sue parole sono state strumentalizzate: era una battuta, stava prendendo in giro con un tono scherzoso”, “insegue gli estremi della sua caricatura con la ricerca esasperata della battuta che riflette l’immagine di uno stile della politica che non è il mio” (la frase più elegante naturalmente è quella di Cuperlo).

“E’ assoluta disinformazione far passare come vero ciò che che è stato detto come scherzo, come paradosso, come ipotesi risibile, una battuta in una conversazione conviviale”. Fregati: quest’ultima frase non è di questi giorni né di un esponente del Pd. E’ invece una dichiarazione del 2015 della responsabile comunicazione di Forza Italia, Deborah Bergamini, da sempre parafulmine delle bufere provocate dalle uscite strampalate Silvio Berlusconi, alla quale in questo caso toccava di precisare che no, Berlusconi non sarebbe diventato cittadino russo e men che meno ministro di quel Paese.

La minimizzazione è sempre stata la regola aurea del partito del Cavaliere, soprattutto quando era indifendibile.Una continua assoluzione – con silenzi e “contestualizzazioni” – che alla fine, il 5 aprile 2011, ha portato i 314 deputati della maggioranza alla Camera a votare che Ruby era la nipote di Mubarak.

Così è sempre stato. La sinistra si indignava e la destra buttava in corner. Ecco una galleria, del tutto incompleta, di episodi per ricostruire la metamorfosi del Partito democratico.

“De Luca scherzava”, la giustificazione del Pd copiata da Fi. Quando assolveva sempre Berlusconi: dalla mafia al kapò

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