Se vince il No domenica 4 dicembre prenderemo vari piccioni con un’unica fava. In primo luogo sarà respinta al mittente una “riforma” costituzionale che peggiora notevolmente, da vari punti di vista, il testo della Costituzione repubblicana. In secondo luogo manderemo a casa, e in fretta ci si augura, un pessimo governo che nel corso della sua esistenza ha notevolmente aggravato la situazione del nostro Paese in termini economici, sociali, ambientali e democratici. In terzo luogo porremo al centro dell’attenzione il vero problema degli Stati oggi, non solo in Italia ma in tutto il mondo, che non è certamente la cosiddetta governabilità ma bensì la rappresentanza democratica dei cittadini e delle loro esigenze.
Nel suo disperato tentativo di vendere la pessima riforma partorita dagli sprovveduti “tecnici” alla Boschi e Verdini che l’hanno partorita con l’ausilio di qualche cattedratico non eccessivamente prestigioso, Renzi sta facendo il diavolo a quattro, tentando di accreditarsi, con la connivenza degli organi d’informazione di regime, come l’autentico rivoluzionario dei nostri tempi.
Presunto ed autoproclamato rottamatore della “casta”, vindice dell’interesse nazionale sacrificato sugli altari europei, sostenitore degli interessi dei giovani e tante altre cose, secondo l’immagine fasulla che il nostro ci propina ogni giorno in dosi eccessive. In realtà è tutto ed esattamente il contrario.
Renzi si è autoinvestito del ruolo di uomo della Provvidenza per conto dei poteri forti che non da oggi tentano di modificare a loro favore la Costituzione del 1948 frutto della guerra di Resistenza e del sangue di decine di migliaia di partigiani che caddero combattendo il nazismo ed il fascismo. Non già quindi lotta alla casta ma affermazione degli interessi oligarchici di tutte le caste possibili e immaginabili.
A cominciare da quella politica, che vorrebbe rimodellare a sua immagine e somiglianza con l’ausilio di una legge elettorale profondamente antidemocratica (come da ultimo rilevato dal tribunale di Genova che l’ha rinviata alla Corte costituzionale) come l’Italicum. Per continuare con quella finanziaria, che è ancora più pericolosa della prima e per bocca della JP Morgan (il cui presidente pare avviarsi a diventare ministro delle finanze di Trump) ha da tempo chiesto la modifica della nostra Costituzione nel senso poi prontamente accolto da Renzi con il suo progetto.
E con quella industriale che per bocca della Confindustria minaccia catastrofi, sfracelli e paralisi se il No dovesse prevalere, quando è noto che buona parte delle responsabilità dell’attuale situazione di crisi economica gravano proprio sui “nostri” imprenditori, in gran parte (non tutti per fortuna) abituati all’assistenzialismo pubblico e allo sfruttamento dei lavoratori come unica strada verso i profitti.
Per finire, si parva licent, con la coorte di personaggi operanti nell’informazione (cosiddetta) e nello spettacolo che si sono precipitati ad annunciare il loro assenso. Tutti costoro non hanno ovviamente alcun interesse nella liquidazione presunta delle caste proclamata dal pataccaro di Rignano, anche perché di tali caste fanno parte fino in fondo e da molto tempo e vogliono, per l’appunto, continuare a farne parte a tutti i costi.
I loro interessi alla conservazione dell’iniquo status quo in cui viviamo sono pertanto agli antipodi di quelli dei cittadini normali che vorrebbero spese sociali adeguate, maggiore intervento pubblico per sostenere l’occupazione specie giovanile, garanzia dei loro diritti, effettiva e funzionante salvaguardia ambientale. Tutte cose com’è noto in forte contrasto con le politiche neoliberiste che la “riforma” renziana vorrebbe costituzionalizzare sacralizzando il ruolo del governo a scapito degli organismi rappresentativi e delle autonomie locali e regionali.
Per chi avesse ancora dubbi sono intervenuti, a definitivo chiarimento del disegno renziano, taluni illustri testimonial, che meritano citazione puntuale. Il primo è il signor Briatore, che ha sostenuto che occorre votare Sì per agevolare la privatizzazione di ospedali e scuole. Il secondo, il signor Scalfari, che ci ha reso edotti sull’inevitabilità dell’oligarchia come unico strumento del governo democratico. Il terzo, il signor De Luca, presidente della Regione Campania, che, dopo aver sostenuto la necessità di eliminare fisicamente Rosy Bindi, ha indicato ai suoi seguaci il vero obiettivo da conseguire con la vittoria del Sì: poter approfittare dei “fiumi di denaro” che Matteo si accinge a convogliare verso coloro che gli saranno favorevoli.
Tre testimonianze fra loro distinte ma tutte significative, indubbiamente, di un certo modo di governare e di concepire il governo, per nulla innovativo. Tre concentrati di cinismo, tre spaventose prospettive che hanno tuttavia il merito di indicare qual è, al di là delle commedie, delle farse e delle panzane di cui Matteo è specialista, il vero intento dei promotori di questa orribile deformazione del testo di una Costituzione che dobbiamo, invece, difendere e applicare contro ogni casta e ogni oligarchia.