Secondo l'accusa gli operai degli stabilimenti milanesi della Pirelli non si proteggevano dall’amianto "vistosamente presente nell’ambiente di lavoro" perché non sapevano "a quali conseguenze stessero andando incontro", visto che "nessuno li aveva informati dei rischi"
Sono stati assolti a Milano i nove ex dirigenti della Pirelli, accusati di omicidio colposo in relazione alla morte di una ventina di operai per forme tumorali provocate, secondo l’accusa, dall’esposizione all’amianto. Lo ha deciso la Corte d’Appello che ha ribaltato la sentenza di primo grado. Gli operai lavoravano negli stabilimenti milanesi dell’azienda tra gli Anni ’70 e ’80. Il processo riguardava una ventina di casi di operai morti o che si sono ammalati di forme tumorali a causa dell’amianto nella storica fabbrica in zona Bicocca, a Milano. Tra gli imputati gli ex dirigenti Ludovico Grandi e Gianfranco Bellingeri, amministratori delegati della Pirelli negli anni ’80, accusati di omicidio colposo; e altri due ex manager Luciano Isola e Pier Giorgio Sierra. I giudici hanno assolto anche Armando Moroni, condannato in primo grado, nel frattempo deceduto e ora prosciolto nel merito. L’assoluzione è arrivata anche per un altro ex manager, mentre la posizione di Guido Veronesi, fratello del noto oncologo, era stata stralciata già nei mesi scorsi per motivi di salute
Il sostituto pg di Milano Nunzia Ciaravolo, durante la requisitoria, aveva chiesto la conferma delle condanne tranne che per Gabriele Battaglioli e Roberto Picco per cui il pg ha chiesto, invece, l’assoluzione. Secondo l’accusa gli operai degli stabilimenti milanesi della Pirelli non si proteggevano dall’amianto “vistosamente presente nell’ambiente di lavoro” perché non sapevano “a quali conseguenze stessero andando incontro“, visto che “nessuno li aveva informati dei rischi”. Secondo Ciaravolo, inoltre, i rischi collegati all’amianto erano “ben noti da tempo” e la protezione dei lavoratori da parte dei responsabili era già parte delle “norme dell’epoca”. Ecco perché, ha ribadito il pg, l’informazione nei confronti dei dipendenti sarebbe stato il “primo degli accorgimenti da prendere” per tutelare i lavoratori ed è stato di “grande gravità” che nessuno abbia adottato provvedimenti in tal senso.
“La giustizia che assolve gli assassini significa la morte dei Tribunali, significa che sui luoghi di lavoro c’è licenza di uccidere e impunità – dice Michele Michelino, presidente del Comitato per la difesa della Salute nei luoghi di lavoro (parte civile) – Non si può accettare che si continui a morire sui luoghi di lavoro, siamo arrabbiati e non ci arrendiamo” spiega Michelino con a fianco Silvestro Capelli, esponente del comitato e ex operaio che, come ha raccontato, ha lavorato “per 17 anni in un’altra fabbrica, la Breda a Milano, e poi mi sono ammalato”.