Il tribunale dei minorenni di Milano ha rigettato la domanda “incrociata” di due donne conviventi, Alba e Bice, per adottare la figlia biologica l’una dell’altra, bimbe fatte nascere nel progetto di coppia con la fecondazione assistita. Una pronuncia, della quale ha scritto oggi Repubblica, che va in senso opposto ad altre due sentenze in materia, da parte del Tribunale di Roma, nel 2014, e della Corte di Cassazione, 5 mesi fa.

Nonostante il parere favorevole del servizio di adozione che aveva sottolineato la serenità delle bambine in questa situazione familiare, i giudici hanno ricordato che l’adozione del figlio del partner nelle coppie dello stesso sesso non è contemplata dal legislatore e non può allora essere il giudice a introdurla con “la valutazione del caso concreto” all’insegna del “supremo interesse del minore”: che è certo un criterio, ma non è “l’unico parametro a cui il giudice debba relazionarsi”, al punto che anzi “esorbita dall’ambito consentito” una “interpretazione creativa” che prescinda “dagli ulteriori presupposti previsti” e così “si traduca in un’implicita affermazione di irrilevanza dell’impianto normativo”.

Le diverse pronunce della magistratura, d’altra parte, si basano sul vuoto legislativo dovuto al fatto che l’adozione del figlio del partner, la cosiddetta stepchild adoption, non è stata inserita nella legge Cirinnà, approvata a primavera dal Parlamento, nel che ha introdotto nell’ordinamento italiano le unioni civili.

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