Non c’è da sorprendersi se, con evidente imbarazzo, l’Antitrust ha affrontato per la seconda volta in una settimana il tema dell’acquisizione di Ferrovie Sud Est da parte del gruppo delle Ferrovie dello Stato Italiane senza gara realizzando una concentrazione monopolistica sul mercato regionale pugliese. Né devono colpire i due pareri (apparentemente) contrastanti emessi sullo stesso tema nel giro di sette giorni.
Tanto che viene da chiedersi se a questo punto il dispositivo di legge 287/90 che istituisce l’Autorità garante della concorrenza e del mercato sia ancora valido a 26 anni dalla sua nascita e perché una nuova legge sulla concorrenza, voluta (a parole) da quasi tutti gli schieramenti politici, sia sempre solo promessa e mai realizzata… Di sicuro dovrebbe far pensare sia il dato oggettivo per il quale il nostro Paese naviga a metà classifica in Europa quanto ad apertura dei mercati dei servizi e delle utilities che va dalle Telecomunicazioni al comparto dei trasporti, fino alle assicurazioni. Sia la constatazione che all’interno dei vari settori italiani, proprio il trasporto ferroviario spicchi in fondo alla classifica.Ciò che risulta veramente inspiegabile è come ancora non si avverta la necessità di liberare da rendite di posizione garantite enormi potenzialità le quali potrebbero generare ricchezza, sviluppo e migliori servizi per i consumatori. Insomma liberalizzazioni e concorrenza non sono ancora concepite come una strategia governativa per la crescita del Pil, ma un nemico che sottrae a poteri costituiti (corporativi) – sia pubblici che privati – rendite di ogni tipo (economiche, politiche e di consenso). È per questo che molti percepiscono l’Agcm o come una scomoda Cassandra, oppure una mera formalità da esperire, ma mai come un ostacolo difficilmente superabile.
Va precisato che il dispositivo di legge che regola i suoi campi di attività, le competenze e le capacità sanzionatorie dell’Agcm ne limita l’operatività, impedendole di intervenire che prima che eventuali infrazioni avvengano, concedendole solo la facoltà di intervento a ad abuso accertato. Non basta lo zelo che contraddistingue gli interventi delle strutture dell’agenzia.
Entrando nello specifico del caso in questione, dobbiamo ricordare che l’Antitrust si è trovata a formulare il parere in un clima assai difficile. Parliamo del salvataggio di una azienda medio grande (1.200 addetti su 473 km di rete ferroviaria); di una azienda con sede al sud; di un vettore ferroviario che produce (più male che bene) servizi di trasporto per pendolari in aree prevalentemente urbane o sub-urbane.
Non solo, il soggetto compratore – il gruppo Fsi – nel piano industriale, presentato dal nuovo ad Renato Mazzoncini, ha dichiarato apertamente che sulle rotaie viaggerà la crescita italiana (e probabilmente il debito). Che è all’orizzonte un piano industriale da 94 miliardi e che già si sono realizzate (senza intoppi) parecchie acquisizioni di altre società ferroviarie (Ataf di Firenze, Aps di Pdova, Umbria Mobilità ecc.), o di trasporto urbano e extraurbano, senza alcun vincolo né da parte del proprio azionista (Mef) né da parte del suo ministero vigilante (Mit).
Particolarmente fortunosa è stata per Mazzoncini la statalizzazione dell’Ataf di Firenze, avvenuta mentre lui era a capo della società veicolo delle FS, Busitalia, quando a Firenze era sindaco Matteo Renzi. Ma sopratutto con le Regioni e gli Enti locali plaudenti per questo “papà” che fa entrare nella grande famiglia e salva i “deboli”, mettendoli al sicuro dai tagli delle regioni e delle province, o peggio, dai grandi operatori europei.
Tornado all’acquisizione di Fse senza gara da parte di Fsi, vanno annoverati altri due elementi che non hanno favorito lo sviluppo di un approccio serio da parte del Ministero vigilante. Il fallimento di Fse andava, giustamente, superato velocemente, visto che una mala gestio decennale è responsabile del buco di almeno 226 milioni (ma le indagini della magistratura sono ancora in corso) e della crisi tecnica/finanziaria dell’azienda. Le responsabilità sono quindi precedenti anche a quelle del commissario Luigi Fiorillo, oggi accusato di truffa, un soggetto che era al tempo stesso il controllore e controllato, vigilante e vigilato di sé stesso, cioè il Mit.
L’altra questione che ha reso vano ogni tentativo di riflessione è stato il grave incidente di Corato che ha aperto un’altra falla (incredibile l’esistenza di due autorità per la sicurezza ferroviaria che adottano parametri diversi) in tutto il settore ferroviario regionale delle ex concesse in particolare in Puglia dove operano le Sud Est.
Una vendita vera, con una messa a gara per l’acquisto di Sud Est, avrebbe comportato l’individuazione di numerosi esuberi del personale (soprattutto direttivo) e forti tensioni sociali che nessuno aveva intenzione di gestire con l’alibi dell’assenza di ammortizzatori sociali utili per affrontare la crisi non di mercato, non di prodotto, ma da “spolpamento” aziendale continuo, avvenuto per mezzo di truffe continuate.
La Regione Puglia compratore e programmatore dei servizi pur assicurando 134 milioni l’anno a Sud est derivanti da un ricco contratto di servizio, non ha visto né sentito niente, come del resto il MIT. Se neppure la Regione Puglia ha mai mostrato interesse per l’adozione dei contratti di servizio tramite gara, quello su ferro scade nel 2021 e quello su gomma nel 2018, significa che proprio nessuno vuol provare una strada nuova, quella della liberalizzazione del settore.
Liberalizzazione che ha invece trasformato, in meglio, i servizi ferroviari locali in tutta Europa. Mi pare che anche così si possano spiegare le valutazione dell’Agcm che la condanna, suo malgrado, almeno in questo settore all’irrilevanza sostanziale.
Ecco perché si legge in una nota dell’Autorità “di non avviare l’istruttoria di cui all’articolo 16, comma 4, della legge n. 287/90”, cioè della legge sulla concorrenza, ritenendo che l’operazione in esame non determini “la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sui mercati interessati, tale da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza”. In sintesi – l’Antitrust ritiene che “l’Operazione non sia in grado di attribuire particolari vantaggi a Trenitalia, rispetto a quelli già detenuti, sia nel caso in cui la Regione scelga di procedere con affidamento diretto, sia che si proceda ad un affidamento del servizio tramite gara”. Affermazione difficile da sostenere. E’ vero che le Sud Est erano nate per il trasporto merci nelle campagne agricole pugliesi ma non si può dimenticare che FSI (826 km di rete in Puglia) e Sud Est (473 km) assieme conterebbero su 1.299 km di rete su 1.501 complessivi. Mentre entrambe le compagnie potranno disporre dell’85% del totale dei contributi regionali. Il rimanente 15% se lo spartiscono Ferotranviaria (70km di rete), Appulo Lucane (60Km) e ferrovie del Gargano (78 km).