Cinema

Free Fire #Screamers e La Lingua dei Furfanti, al Torino Film Festival echi tarantiniani, horror e arte

di Davide Turrini

Eresia torinese. Free Fire di Ben Wheatley, visto in questi giorni al 34esimo Torino Film Festival, è l’esempio più prossimo, e riuscito, del cinema di Quentin Tarantino. Tiro incrociato, pistole, fucili M10, punto di riparo e fuga, gioco al massacro. Tutto concentrato entro quattro mura e un soffitto. Stavolta siamo a Boston, 1978. Un gruppetto di terroristi dell’IRA deve incontrare un elegante intermediario ebreo per acquistare armi utili per la causa indipendentista. Dentro a un enorme e lunghissimo capannone industriale dismesso di periferia, li attendono con le armi il bianco sudafricano Vern e il nero Martin. Da entrambe le parti un paio di scagnozzi sgangherati e rozzi a dare manforte, oltre alla bella Justine (il premio Oscar Brie Larson) che arriva con quelli dell’IRA ma non si sa ben da che parte stia.

Nonostante i caratteri fumantini di tutti la trattativa sembra concludersi senza problemi, quando una ridicola disputa tra scagnozzi fa degenerare in un attimo la situazione, aprendo le danze di una lunga, frammentata e continuamente ricomposta sparatoria tra la dozzina di protagonisti che si spostano dietro pezzi di ferraglia, colonne, auto, camion, scansie. Violenza da cartone animato, humor nero, cromatismi arancio, marrone e rosso ruggine, Free Fire diventa un supplemento adrenalinico e compatto, delizioso e sfizioso, di un’unità spaziotemporale modello Hateful Eight e di un elenco di “tipi” in scena (il tossico, il nero, il vecchio, la lady misteriosa, il dandy, lo stupido) che ricorda quel cinema di serie B tanto adorato da Tarantino. La regia di Whitley è comunque di gran classe, funzionale all’azione, macchina da presa spesso ad altezza ginocchia, frullato di rapidi campi, controcampi, scavalcamenti di campo, tanto che perfino uno dei protagonisti con fare autoironico è spinto a chiedersi: “Ho dimenticato da che parte sto”. Al centro di tutto, comunque, la valigetta coi soldi, a cui, a dire il vero, tengono di più l’intermediario dandy, il nero, il sudafricano e uno scagnozzo di Boston, più che i terroristi dell’IRA. 

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