Ultima notazione dal TFF 2016 riguarda La Lingua dei Furfanti, un cortometraggio diretto da Elisabetta Sgarbi, oramai habitué al festival sotto la Mole (l’anno scorso in Concorso con il notevole Colpa di comunismo). Soggetto centrale è il pittore cinquecentesco Romanino. O meglio il ciclo di affreschi che il pittore realizzò in Valcamonica tra il 1532 e il 1541 nelle chiese di Pisogne, Breno e Bienno. Dipinti che sprigionano un’umanità realistica e sconcia, un legame tra sacralità del tema ritratto (la vita di Gesù) e profanità della plebe ripresa in una sorta di duplice trapasso temporale/somatico con le persone comuni dei paesini che sembrano incarnare le facce antiche dipinte sui muri. I poveri, gli ultimi dai baffi lunghi e dal culo scoperto, invece di finire a fare da comparse come sfondo di una qualsiasi lezione didattica di storia dell’arte, grazie alla saettante macchina da presa della Sgarbi diventano protagonisti di una sorprendente sinfonia espressiva basato su uno sguardo ravvicinatissimo e caricato di dettagli montati in modo serrato.