“Quando per anni l’economia va solo in una direzione, l’industria, il porto, si pensa solo a quello e non alla cultura, si costruiscono magari i cavalcavia davanti ai monumenti. Ora invece noi crediamo fortemente che cultura e turismo siano uno dei motori per far ripartire Livorno”. Francesco Belais è assessore alla Cultura da meno di 6 mesi nella terza città per grandezza (dopo Roma e Torino) amministrata da un sindaco M5s. E’ livornese ma da anni ha stabilito la sua vita a Milano. Ha fatto il regista, il giornalista, il dj. La città ha dimenticato i suoi grandi, dunque? Può darsi. Lui, spiega, è tornato apposta perché crede che sia l’ora di “lucidare i gioielli”. Usare, cioè, la cultura perché Livorno ritrovi se stessa, ritrovi lo spirito e l’anima. Più cultura diffusa, più metri quadri di biblioteche, più musei (e meglio messi), più teatro e più musica per coinvolgere i turisti, non solo delle crociere, e soprattutto “vendere” l’immagine della terza città della Toscana all’altro capo del mondo. “C’è un’inversione di tendenza” per la cultura a Livorno, dice Belais. A partire dai soldi: “Siamo passati dai 76mila euro a bilancio nel 2014 ai 175mila del 2016”.
Da qui, giura Belais, si intravede in controluce “il sistema di una città che si sta muovendo”, che cerca di reagire alla crisi nera di Livorno. Le fabbriche che chiudono, il porto che non basta più, i padroni di casa che sfrattano. E’ dietro a questo affanno della gente di Livorno, e dietro alle loro lacrime e dietro ai loro pensieri, che si nasconde in parte la caduta del vecchio potere della sinistra del Partito e in parte la vittoria dell’ultima speranza, gli “uomini nuovi”, i Cinquestelle, appunto.
Livorno vive ancora il suo momento più difficile, nel frattempo ha pagato un prezzo altissimo alla crisi. Ci sono oltre 30mila disoccupati e in tutto i livornesi sono 160mila. Nel 2015 gli sfratti per morosità incolpevole, con la forza pubblica, sono stati 225. Si calcola che una famiglia su 30 sia stata sfrattata. Le famiglie in lista d’attesa per una casa popolare, fino all’estate scorsa, erano oltre 1800. Il reddito di cittadinanza, pallino e orgoglio dei Cinquestelle, è un ombrellino per 100 famiglie, un simbolo che l’amministrazione spera di alimentare negli anni e nella platea di chi ne potrà beneficiare. Ma intanto al ministero dello Sviluppo l’area di Livorno è stata dichiarata “area di crisi industriale complessa”. Il mese scorso tutte le istituzioni – da Palazzo Chigi ai Comuni – hanno firmato un accordo di programma per la riconversione e la riqualificazione produttiva. Riconversione: dall’industria al turismo e al commercio. Dalle partecipazioni statali esaurite alle multinazionali fuggite, è mancato alla fine l’ossigeno. Una delle malattie di Livorno è stata quella di ripetersi qual era la ricetta (riconversione, riconversione) senza mai vederne il prodotto. La città mancata: nascevano nuovi quartieri, ma il risultato dell’equazione meno fabbriche più commercio non ha mai dato risultato zero. Semmai, ha dato solo segno meno.
“Invece io ci credo che con la cultura ci si mangia” dice ora l’assessore Belais. La Venezia, per dire, il quartiere più bello, sorprendente. Qui in estate nascerà finalmente il nuovo museo civico, nei prossimi mesi riaprirà la Biblioteca Labronica con un aumento di posti-studio e un caffè bistrot – aggiunge orgoglioso l’assessore – ed è allo studio un progetto per aumentare l’accoglienza turistica. E’ il quartiere della vita notturna della città, secondo gli sforzi del Comune può diventarlo per esserlo anche nel resto della giornata. Oppure ancora il museo Fattori, con le opere dei Macchiaioli, un po’ da intenditori ma nemmeno tanto: fa 20mila presenze all’anno. Ora l’edificio sembra bombardato, protestano alcuni. “Per la prima volta dal 1990 il Comune metterà dei soldi per la ristrutturazione della facciata”. Costo di alcune centinaia di migliaia di euro.
E i grandi? Modigliani, intanto. Casa Modigliani, spiega l’assessore, è privata, l’apertura è gestita da una cooperativa e finora il Comune non si è mai accollato l’impresa, magari con un accordo pubblico-privato. Intanto a gennaio, a 96 anni dalla morte di Amedeo, arriverà in città Modì-L’ultimo inverno, un musical. “L’ho scoperto a Milano e ho deciso di portarmelo dietro” sorride l’assessore. Nel frattempo Dedo lo celebrano a Strasburgo, grazie a un livornese, Luca Dal Canto, arrabbiato perché crede che il patrimonio della sua città non sia valorizzato. “Io sono contento dell’iniziativa di Dal Canto a Strasburgo, anzi ci vedremo nei prossimi giorni – sottolinea Belais – A noi piace lavorare con i cittadini, abbiamo visto il risultato delle Terme del Corallo“. E’ un vecchio complesso termale, in stile art noveau, bellissimo e diroccato. E’ una delle cose più belle di Livorno e infatti all’inizio degli anni Ottanta ci costruirono appunto un cavalcavia, la cosa più brutta di Livorno. Nella primavera scorsa alcune centinaia di livornesi hanno partecipato per pulire almeno il verde del parco intorno alla struttura.
Poi c’è Mascagni, l’autore della Cavalleria Rusticana, che il grande pubblico conosce grazie ail Padrino. Un’opera di Mascagni è nel cartellone stagionale del teatro Goldoni, ristrutturato negli anni Novanta, ultima grande opera di riqualificazione nel campo della cultura a Livorno. Ma “nelle linee programmatiche c’è l’obiettivo di cercare sempre di più di puntare su Mascagni” assicura l’assessore. Il sogno resta sempre un festival mascagnano. E quindi creare una “industria”, come fanno Parma e Pesaro, per esempio, con Verdi e Rossini, anche se andranno trovate le formule giuste visto che le esperienze zoppicanti e i bilanci bucati dell’Arena di Verona e del Festival Pucciniano suggeriscono cautela. “In generale sulla stagione teatrale vogliamo che il Goldoni mantenga la propria identità – rivendica Belais – Per questo puntiamo a mantenere un’autonomia rispetto alla Regione che vorrebbe fare un circuito e un cartellone unico”. Insieme alle scogliere e al lungomare, la cultura forma un catalogo che alla fine prende un titolo, Why Livorno?, che sarà presentato al Sea Trade di Miami, la fiera mondiale del traffico croceristico. “Livorno come porta della Toscana, ma anche come una città dalla storia unica, da raccontare, fondata da tante comunità diverse per secoli”.
La cultura come se fossero ago e filo per legare passato e futuro dei livornesi perché – come direbbero qui – senza lilleri ‘un si lallera, senza soldi non si fa niente. Ma anche (forse soprattutto) per tenere insieme il tessuto sociale. Il Comune di Livorno l’estate scorsa ha tirato il teatro fuori dal Goldoni e lo ha portato nelle piazze, nei rioni: “Abbiamo davvero usato questi spettacoli come linfa vitale, con gli scenari che erano quelli dei quartieri più disagiati, con maggiori problemi sociali o di presenza di spaccio”, racconta Belais.
La miseria mette alla prova, se non a repentaglio, lo stesso dna di Livorno, una città nata a braccia aperte. I Medici la inventarono porto franco e così accoglieva tutte le razze e tutti i diversi. Le Leggi Livornine erano una specie di articolo 3 scritto più di 400 anni prima. Libertà di culto e libertà politiche, turchi, ebrei, cristiani. La prima moneta della città, l’Unghero, aveva stampigliata una scritta: Diversis gentibus una, una sola cittadinanza da popoli diversi. E infatti a Livorno ci sono cimiteri di tutte le comunità: ebraica, inglese, armena, greca, olandese.
Ma Gorino è davanti agli occhi di tutti, le contraddizioni e le controversie del mondo sono lì a bussare alla porta, una dietro l’altra. Alle Regionali 2015, nei seggi di Livorno, la Lega Nord ha preso più del 16 per cento. Cascina, dov’è stata eletta la giovane leghista Susanna Ceccardi (core di Salvini), è lontana solo una trentina di chilometri. Livorno riuscirà a rimanere se stessa, la città delle tante genti? “Non faccio previsioni – risponde l’assessore dj – Ma mi auguro che questo aspetto di Livorno resti”. Il museo civico che aprirà a inizio estate – voluto dall’amministrazione Pd e che ora la giunta M5s si prepara a far nascere – racconterà soprattutto questo: come Livorno ha attraversato i secoli grazie alla diversità. “La diversità è ricchezza. Livorno ha fatto di questo la sua peculiarità. E la crisi che sta affrontando può essere un’opportunità per diventare un’altra cosa”.
Tutte le foto in questa pagina sono di Cecilia Pretini