Con i potenti mezzi messi a disposizione da Critica liberale, siamo in grado di darvi con più di una settimana di anticipo i risultati del referendum sulla riforma costituzionale Renzi-Verdini. Noi già conosciamo chi vince e chi perde.
Il Paese. La maggiore sconfitta l’ha subita il Paese. Il Presidente-bambino ha bloccato il Parlamento per mesi al fine di spaccare in due l’Italia proprio su un tema che dovrebbe essere l’unico a riunire tutti i cittadini sui valori e sulle regole che danno ragion d’essere al vivere assieme. Renzi ha disgregato il tessuto civile per fare qualche ulteriore passettino sul suo sentiero autoritario, mettendo in crisi proprio quella parte della Costituzione del ’48 che risponde di più agli insegnamenti liberali sulla divisione dei poteri.
Come un bambino arrogante ha scassato invece di costruire, ha violato la prima regola di ogni revisione: l’iniziativa spetta al Parlamento e non al governo. Il governo pensi a governare (se ne è capace) e non a crearsi regole ad personam (in questo caso ad castam). L’irresponsabilità dimostrata da Renzi in questa campagna referendaria dovrebbe portarlo a dimettersi sia nel caso della vittoria del Sì sia nel caso della vittoria del No. Ma i bambini giocano, non si può pretendere da loro la serietà.
La logica. Pesante è stata anche la sconfitta della logica. Da anni è invalso l’uso demenziale della parola riforma. Beninteso, una riforma di qualunque tipo, dal valore regressivo o virtuoso. Basta fare la riforma. Che poi sia come la riforma Gasparri sulla Tv o la Riforma ex Cirielli sulla prescrizione, non ha alcuna importanza. Basta che si riformi.
A questa “aberrante” lotta contro la più elementare logica Renzi ha affiancato la tesi dell’”accozzaglia”. Il fronte del No è una accozzaglia perché vede sullo stesso fronte negativo CasaPound e l’estrema sinistra, moderati e rivoluzionari, destra e sinistra. Alcuni pseudo professori universitari, che scrivono tanto a pagina, hanno persino ironizzato scrivendo questa pura e semplice sciocchezza: “Sarebbe bello leggere un progetto congiunto di riforma con la firme in calce di D’Alema, Brunetta, Grillo e Salvini”. La frase è stata subito rilanciata da un aedo del nuovo regime come Serra e altri ancora.
C’è voluto un moderato prudentissimo come Pierluigi Battista a chiarire che l’argomento è “sciocco” perché è ovvio che si tratta di un referendum e non della formazione di un programma di governo. Ci vergogniamo persino di motivare il perché, tanto è ovvio. Battista pazientemente lo fa e ricorda che quasi sempre Pci e Msi si trovarono a votare contro la Dc, e non per questo inciuciavano o avevano l’obbligo di presentare un loro progetto comune.
Questo lo capisce persino un bambino, anche il nostro premier. Che è ben contento di contrapporre alla “accozzaglia” una falange macedone davvero omogenea, composta da se stesso e da un padre costituente come Verdini, per cui è stata chiesta una condanna a quattro anni per reati davvero infami (a proposito, perché Renzi non fa una riforma facile facile, come quella dell’eliminazione della ex Cirielli sulla prescrizione? O aspetta che anche Verdini sia “prescritto” anche stavolta?).
Abbiamo ancora poche righe e le dedichiamo a chi ha davvero vinto. La campagna referendaria, che ha avuto un’importanza storica. Ha vinto un minimo di chiarezza sulle componenti più marce della società italiana: i furbastri, uomini senza vergogna sempre in cerca di potere e quattrini, gli intellettuali da strapazzo dediti a chiosare le sciocchezze del padrone, i giornalisti che ci mettono due secondi ad allinearsi sulle posizioni del loro editore o che ora pretendono la fine della navetta delle leggi tra le due Camere cercando di far dimenticare che loro, rivoluzionari da strapazzo, da decenni fanno la navette tra servizio pubblico e privato per sempre più ricche prebende, alcune che precipitano nel ridicolo firmandosi “filosofe femministe”, i devoti del San Fedele e del Socrate dellutriano, arroccati sulla formula salva-anima “la riforma è orrenda, ma”, i politici di Rifondazione da sempre reazionari, i comunisti che sentono al primo profumo il Capo di destra del momento a cui mettersi a servizio, i buffoni di corte del potente di turno da prendere in braccio e coccolare per un paio di centomila euro.
Una aggiunta: questa volta offriamo anche un libro scritto da uno dei maggiori studiosi della Costituente del ’48. Per chi si vuole virtuosamente ancora informare…
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