Il presidente eletto Usa dichiara che l'amministrazione "farà tutto il possibile per garantire al popolo cubano che possa finalmente cominciare il suo cammino verso la prosperità e la libertà". Obama usa toni più morbidi: "Durante la mia presidenza abbiamo lavorato con Cuba per lasciarci il passato alle spalle. La storia giudicherà l'enorme impatto della singolare figura di Castro". Marco Rubio, senatore della Florida: "Ha inflitto al suo popolo miseria e sofferenza"
“Fidel Castro è morto!”, aveva scritto su Twitter a poche ore dalla notizia della scomparsa del lìder maximo. Poco dopo, Donald Trump ha sgombrato il campo da ogni dubbio sulla connotazione delle sue parole. Il presidente eletto degli Stati Uniti ha diffuso una nota in cui ha chiarito il significato di quel punto esclamativo. “Oggi il mondo segna la scomparsa di un dittatore brutale che ha oppresso il suo popolo per quasi sei decenni. Mentre Cuba rimane un’isola totalitaria, è nelle mie speranze che la giornata di oggi segni il suo distacco dagli orrori sopportati troppo a lungo e verso un futuro in cui il magnifico popolo cubano viva finalmente nella libertà che merita”.
“Mentre le tragedie – continua il comunicato, le morti e il dolore causati da Fidel Castro non possono essere cancellati, la nostra amministrazione farà tutto il possibile per garantire al popolo cubano che possa finalmente cominciare il suo cammino verso la prosperità e la libertà”. E conclude: “Mi unisco ai molti cubano-americani che tanto mi hanno sostenuto nella mia campagna presidenziale”.
E’ questa la chiave di lettura delle parole del presidente eletto. Non c’è solo il miliardario espressione del capitalismo made in Usa che esulta per la morte dell’ultimo simbolo della rivoluzione comunista cubana. Perché la comunità di esuli cubani che vivono in Florida è storicamente un serbatoio di voti per il Partito Repubblicano. Lo stesso Trump un mese fa, durante una visita al museo della Baia dei Porci a Miami, ebbe parole di incoraggiamento nei confronti dei veterani statunitensi protagonisti di quello che fu uno degli episodi più imbarazzanti nella storia della Guerra fredda e nella politica estera di Washington: “Combattevano per valori che ci uniscono tutti. Questa – disse Trump – è una stanza piena di eroi”, aveva detto l’allora candidato del Grand Old Party ricordando i soldati Usa che il 17 aprile 1961 presero parte al fallimentare tentativo di rovesciare il governo del lìder maximo.
Le parole di Trump riassumono alla perfezione il sentimento che la comunità cubana statunitense nutriva per il Castro. “E’ morto il dittatore, non la dittatura – sono le parole che il senatore della Florida ed ex candidato presidenziale Marco Rubio affida a un comunicato – una cosa è chiara, la storia non assolverà Fidel Castro; lo ricorderà come un dittatore malvagio e sanguinario che ha inflitto al suo popolo miseria e sofferenza“.
Il presidente Usa uscente Barack Obama ha usato invece altri toni per ricordare la scomparsa di Castro. Nel porgere le sue condoglianze ai familiari e al popolo Cubano, il presidente degli Stati Uniti ha sottolineato in una nota come “durante la mia presidenza abbiamo lavorato duro per lasciarci il passato alle spalle, tendendo a un futuro in cui le relazioni tra i nostri due Paesi siano definite non dalle nostre differenze ma da quanto condividiamo da vicini e amici”. Da parte di Obama, la condanna per le scelte e la gestione del potere da parte di Fidel è più velata rispetto a quella del suo successore: “La storia giudicherà l’enorme impatto di questa singolare figura sulla gente e sul mondo attorno a lui”.