L'attivista Alice Pantaleone, la prima a sedersi davanti ai pm Dino Petralia e Claudia Ferrari, ha respinto tutte le accuse. E' il primo caso su cui saranno chiamati ad esprimersi Fraccaro, Carinelli e Catalfo, i tre parlamentari votati sulla piattaforma Rousseau come componenti del collegio dei probiviri
Il primo nodo da sciogliere subito dopo l’elezione. È la situazione che aspetta Riccardo Fraccaro, Paola Carinelli e Nunzia Catalfo, i tre parlamentari indicati da Beppe Grillo come componenti del collegio dei probiviri del Movimento 5 Stelle, che ieri hanno superato alla prova del voto online sul blog. E adesso che Fraccaro, Carinelli e Catalfo entreranno in carica nell’inedito ruolo di probiviri del M5s dovranno occuparsi delle posizioni dei colleghi Riccardo Nuti e Claudia Mannino. I due deputati sono indagati dalla procura di Palermo nell’inchiesta sulle firme false depositate dal M5s alle amministrative del 2012.
Sul caso Grillo era stato chiaro: “Chi apprenderà di essere indagato si dovrà autosospendere”. E così infatti avevano fatto Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio, i due deputati siciliani che per fare un passo indietro non avevano aspettato neanche l’invio dell’invito a comparire da parte della procura. Al contrario Nuti e Mannino sono rimasti fermi sulle loro posizioni. Prima avevano spiegato di volere attendere l’avviso di garanzia, ma anche dopo l’arrivo dell’atto giudiziario si sono mossi di un centimetro: continuano a professarsi estranei alle accuse e per questo non intendono autosospendersi disattendendo quindi la richiesta avanzata direttamente da Grillo.
Il risultato è che tra la base il malcontento verso i due deputati è cresciuto, con la pagina Facebook di Nuti che è stata presa d’assalto da attivisti infuriati. “Ti devi dimettere! Non sei più credibile e questo non giova al movimento…dimettiti subito e l’onestà falla valere davvero”, è uno dei tanti messaggi inviato al deputato, mentre anche altri parlamentari – come Alessio Villarosa – hanno auspicato pubblicamente l’autosospensione di Nuti e Mannino, che di fatto in questa fase si stanno isolando dai vertici del M5s. È per questo motivo che adesso toccherà ai tre probiviri intervenire, procedendo probabilmente alla sospensione de imperio dei due deputati.
Intanto stamattina sono cominciati in procura gli interrogatori degli indagati nell’inchiesta sulle firme false. Alice Pantaleone è stata la prima a sedersi davanti ai pm Dino Petralia e Claudia Ferrari: l’attivista ha respinto tutte le accuse e negato di aver partecipato alla copiatura delle firme. Poi è stata la volta di Samantha Busalacchi. Quest’ultima è una delle due ragazze – l’altra è la parlamentare Mannino – accusata da Vincenzo Pintagro di avere materialmente ricopiato le firme, raccolte in un primo momento in alcuni moduli che contenevano un errore nel luogo di nascita di un candidato al consiglio comunale.
Indicata tra gli attivisti che fanno capo a Nuti, Busalacchi fino a questo momento non ha rilasciato alcuna dichiarazione pubblica: dopo che la procura ha emesso gli avvisi di garanzia con gli inviti a comparire è stata allontanata dal gruppo parlamentare del M5s all’Ars, con il quale collaborava. Il giorno forse decisivo per l’inchiesta della procura di Palermo, però, sarà molto probabilmente lunedì, quando i pm interrogheranno l’avvocato Francesco Menallo, ex attivista uscito dal Movimento ma indicato come una sorta di consigliere giuridico del meet up palermitano nel 2012, e Giovanni Scarpello, il cancelliere che ha autenticato le 1.995 firme raccolte dai grillini per le amministrative palermitane di quattro anni fa.
Centinaia di quelle firme non sono state riconosciute dalle persone convocate nelle scorse settimane dalla Digos: avevano effettivamente firmato per sostenere la lista del M5s, ma la grafia degli autografi poi depositati in municipio non era la loro. Due persone hanno invece negato di aver mai sostenuto per la lista dei 5 Stelle, raccontando di aver firmato solo per il referendum per l’acqua pubblica del 2011.
Un dubbio avanzato anche da Fabio Trizzino, marito di Lucia Borsellino, figlia del giudice assassinato in via d’Amelio nel 1992. Trizzino in ogni caso non ha ancora potuto riconoscere la sua firma – visto che al momento si trova a Roma – e non ha dunque messo a verbale alcuna accusa. “Ricordo chiaramente – ha detto a IlFattoQuotidiano.it – di essere stato avvicinato da un attivista, poi diventato parlamentare, e cioè Riccardo Nuti, che mi chiese di sostenere il referendum. Al contrario continuo a pensare che difficilmente avrei firmato per la loro lista alle comunali”.
Sempre lunedì compariranno in procura Nuti e Mannino: fino ad oggi hanno respinto ogni accusa ed è probabile che facciano la stessa cosa anche davanti ai pm. A quel punto i probiviri potrebbero già aver proceduto alla loro sospensione: un atto clamoroso considerato che Nuti ha ricoperto in passato l’incarico di capogruppo alla Camera. Sarà interrogato in un’altra data, ancora da concordare con i pm, il deputato regionale Ciaccio, mentre non compariranno la deputata La Rocca e gli attivisti Stefano Paradiso e Giuseppe Ippolito: tutti e tre hanno già varcato l’entrata del palazzo di giustizia di Palermo per collaborare con i pm.
È grazie anche al loro contributo se l’indagine della procura sembra procedere velocemente verso la chiusura. Il reato ipotizzato dai pm è quello previsto dall’articolo 90, secondo comma, del Testo Unico sugli enti locali e deve essere contestato non solo a chi ha alterato gli atti relativi all’elezione (e cioè i moduli con le firme) ma anche a chi ne ha tratto beneficio: in questo caso la prescrizione scatterà entro il 2017.