Gilmore Girls deve essere archiviata tra le cose belle (forse non indimenticabili, ma belle sì) che ci ha regalato la televisione nei tempi inquieti delle nostre tumultuose gioventù. Ma ormai siamo abituati a ben altro, televisivamente parlando
Nove lunghissimi anni. È quanto hanno aspettato i fan di Gilmore Girls (in Italia “Una mamma per amica”), prima di potersi godere l’ottava stagione di una serie che all’epoca era stata accantonata troppo in fretta, con un finale non particolarmente efficace. Come spesso capita ultimamente, ci ha pensato Netflix ad accontentare i tanti appassionati orfani di Lorelai e Rory, dei loro dialoghi a mille allora che provocano insopportabili mal di testa, dell’idilliaca vita quotidiana a Stars Hollow, Connecticut.
Il revival, composto da quattro episodi di circa 90 minuti ognuno, è frutto dell’accordo tra Netflix e Warner Bros e del ritorno in sella di Amy Sherman-Palladino e del marito Daniel, creatori della serie. Staremo attenti, ovviamente, a non svelare nulla della trama, visto che l’ottava stagione è disponibile solo da poche ore, ma anche volendo non avremmo granché da “spoilerare”. Gilmore Girls, infatti, si conferma una serie ben confezionata e scritta ma con davvero poca “ciccia”, che si regge più sull’ottima sintonia tra le protagoniste Lauren Graham e Alexis Bledel che su una effettivo intreccio narrativo.
Tutto sembra perfetto, in questo sequel tanto atteso: Stars Hollow è più deliziosa che mai e Lorelai vive felice e contenta con il suo Luke. È Rory a regalare un minimo di instabilità alla vicenda, visto che a 32 anni non si è ancora realizzata come avrebbe voluto. E poi c’è l’ingombrante assenza di nonno Gilmore (scelta forzata, visto che è morto l’attore che lo interpretava) a regalare un po’ di sana tensione (quella di sempre) tra Lorelai e la madre Emily.
Per chi ha amato le prime sette stagioni, magari resistendo stoicamente al solito piagnisteo di Rory, privilegiatissima eppure sempre pronta a lamentarsi di tutto e tutti, questo ritorno è una benedizione. Ed è innegabile che l’effetto madeleine c’è ed è corposo, facendo tornare indietro lo spettatore agli anni di una persa gioventù, quando si aspettava con ansia il nuovo episodio nei pomeriggi autunnali. E il prodotto, tutto sommato, è più che gradevole. A patto, però, che non ci si aspetti un capolavoro narrativo o che non si voglia paragonare Gilmore Girls agli altri titoli più famosi prodotti da Netflix negli ultimi anni. Sono prodotti diversi, realizzati con finalità diverse.
Il ritorno di Gilmore Girls è un’operazione furba e perfettamente realizzata, un’operazione nostalgia il cui significato “emozionale” va oltre il contenuto o la struttura narrativa. E in quel senso funziona assai, non c’è che dire. Ma dopo i quattro episodi (ognuno dei quali ambientato in una delle quattro stagioni), il tutto si conclude confermando l’assenza tradizionale di “arrosto”, in questa enorme massa di fumo che è sempre stato Gilmore Girls: il finale, che ovviamente non sveleremo, è tutto nelle quattro parole che una delle protagoniste pronuncia. Quattro parole che avrebbero dovuto chiudere il cerchio aperto ormai diciassette anni fa e avrebbero dovuto farlo, almeno così si sperava, in maniera coerente con l’approccio sin troppo radical chic ed emancipato della serie.
Ebbene, le quattro parole finali sono banali e deludenti, oltre che molto paracule, visto che lasciano aperto uno spiraglio per sequel o spinoff in futuro. Le Gilmore non escludono il ritorno, dunque, anche se ormai avrebbe poco senso. Serviva questa ottava stagione perché nel 2007 ci si era lasciati bruscamente e senza un finale appagante. Adesso che questa ottava stagione è arrivata a titillare i nostalgici ricordi dei giovani che eravamo all’epoca, però, è assolutamente necessario chiudere per sempre questa pagina. Gilmore Girls deve essere archiviata tra le cose belle (forse non indimenticabili, ma belle sì) che ci ha regalato la televisione nei tempi inquieti delle nostre tumultuose gioventù. Ma ormai siamo abituati a ben altro, televisivamente parlando.
Viviamo nell’epoca d’oro delle serie tv e un nuovo ritorno a Stars Hollow non sarebbe più una commovente operazione nostalgia ma un tentativo patetico e destinato al fallimento di competere con prodotti milioni di volte migliori per quanto riguarda la trama, la scrittura, il cast, la produzione e la regia. Siamo stati felici di rivedere Lorelai e di sopportare, anagelsico alla mano, la sua travolgente parlantina. Ora che abbiamo chiuso la pratica, però, siamo pronti ad andare oltre, a diventare adulti, a goderci la nuova tv e il nuovo approccio alla serialità. È stato bello tornare a Stars Hollow, ma ora scappiamo a gambe levate dall’idilliaco paesino del Connecticut. I tempi in cui viviamo ci hanno abituati a ben altro.