Che succede se su di un’isola di 6000 abitanti occorre ospitare sino a 2500 migranti? Che, o il tutto è accompagnato da un’organizzazione efficiente e armonica, oppure le sacche di risentimento e confusione mentale non potranno che aumentare esponenzialmente, con danni per tutti: chi ospita e chi è ospitato (si vedano i gravissimi episodi a Chios). L’atollo in questione è Samos, estremo oriente dell’Egeo, a soli mille metri dalle coste turche, che ha deciso di fare da sé visti i risultati di governi e ministri.
A Samos non ci sono stati incidenti o episodi di razzismo, come conferma il sindaco Michalis Angelopoulos, ospite dell’Ambasciata di Grecia a Roma per un meeting promosso dall’Ente Turismo Ellenico. Al momento l’isola è integra e perfettamente fruibile per turisti o per gli studenti dell’Università dell’Egeo. Ma da solo un sindaco cosa può fare? Ha chiesto al ministero dell’immigrazione che almeno famiglie e i bambini bisognosi di un maggior supporto psicologico e sanitario vengano trasferiti ad Atene entro la fine dell’anno. E inquadrare il tutto in una cornice di solidarietà mediterranea, come una sorta di status speciale che sostenga situazioni simili in altri Paesi.
E’ la ragione per cui Angelopoulos, in assenza di un timone dritto da parte del governo Tsipras, ha deciso di creare una partnership con i sindaci di Lampedusa, Calais e di alcune località della Turchia. Ovvero con una voce sola andare a Bruxelles e bypassare ministri che non stanno ottenendo alcun risultato, se non quello di inasprire comunità locali e non fare accoglienza integrata.
Ferma restando la condanna di violenze e attacchi personali di varia natura, è utile certificare il completo fallimento dello Stato Europa e del governo greco sul tema migranti che sta provocando risentimenti tra la popolazione ellenica che, ricordiamolo con veemenza, è accogliente e amabile, ma oggi anche esasperata e non razzista. E’un fatto che alcune isole sono state trasformate nel lazzaretto d’Europa, Bruxelles lo ha deciso e Atene lo ha eseguito senza battere ciglio.
L’accordo Ue – Turchia è fallito già prima di nascere con un dittatore che estorce denaro agli Stati membri sotto la minaccia dell’invasione di migranti, non solo siriani. Come si può far fronte ad un evento simile solo con cento mini rifugi e con altre 2000 persone ammassate in tende quando siamo nel pieno della stagione invernale, si chiede Angelopoulos?
Ma se a Samos un amministratore di periferia ha deciso di rimboccarsi le maniche in autonomia, a Chios il panorama è diverso e rischia l’implosione. Gli agricoltori non possono più entrare nelle loro proprietà perché i migranti stanno devastando colture e raccolti. Hanno lanciato un appello su una tv locale, perché i media nazionali sono orientati da Tsipras all’accoglienza senza se e senza ma. Tsipras in sostanza decide di fare come le prefetture italiane: impone accoglienza ai sindaci senza coordinarsi logisticamente con loro, e se qualcuno protesta è tacciato di razzismo. E’ chiaro poi che la strana riluttanza del governo a chiarire la situazione intorno alle numerose Ong provoca domande tra i cittadini e poi conseguente rabbia fra chi vive da vicino il problema.
Da Chios cittadini e sindaco, allontanando ombre di razzismo e xenofobia, tengono a precisare che il senso civile della sicurezza è stato scosso, che la resistenza sociale si sta esaurendo, con aumenti di tossicità. Il tutto senza dimenticare i gravi dati recenti che mostrano come il turismo, una fonte fondamentale di reddito per l’isola, l’85% del pil, ha subito un duro colpo.
Il ministro delle politiche migratorie Mouzala ha firmato l’ennesimo documento ufficiale destinato ad alleviare solo momentaneamente i punti caldi, ma è l’ennesima partita di giro. Il governo non prende provvedimenti per isole che sono abbandonate a loro stesse, anche perché lamentano un pacchetto di aiuti dal governo che non arriva: il riferimento è all’aumento dell’iva anche su generi di prima necessità come pane, pasta e latte, già ordinato dal memorandum della troika e firmato da Tsipras, senza capire come quelle isole così distanti dal continente meriterebbero invece il doppio degli aiuti.