L'ex senatore Pdl, attualmente in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, era imputato a Milano in abbreviato con l'accusa di aver gonfiato i costi nella compravendita di spazzi pubblicitari. A processo il latitante Giuseppe Donaldo Nicosia, amico e presunto complice nella vicenda
Nuova condanna per Marcello Dell’Utri, l’ex senatore del Pdl che sta scontando una pena definitiva di 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Il gup di Milano Maria Carla Sacco lo ha condannato a 4 anni di reclusione in rito abbreviato per una presunta frode Iva da circa 43 milioni di euro, nell’ambito di una compravendita di spazi pubblicitari televisivi.
Dell’Utri era accusato di aver frodato l’erario per quella cifra nel periodo 2005-2011. Secondo la ricostruzione della Procura, Dell’Utri avrebbe frodato l’erario per non aver versato l’Iva pari a una cifra di oltre 43 milioni di euro nel periodo 2005-2011. Frode realizzata attraverso gli spazi commerciali venduti dalle concessionarie (non indagate) Publitalia 80 per le reti Mediaset e da Sipra per le reti Rai, con l’interposizione di società “cartiere” (Ics), e tramite fatture inesistenti per circa 258 milioni.
Oltre ad aver accolto due patteggiamenti, il gup ha mandato a processo l’altro protagonista della vicenda e cioè Giuseppe Donaldo Nicosia, latitante e amico di lunga data e socio di Dell’Utri, coinvolto nella vicenda dei Panama Papers. Nicosia è socio nella spagnola Tome Advertising, società che con Ics (poi fallita) e Tome Italia è finita al centro della vicenda. Per lui e per una seconda persona il dibattimento si aprirà il prossimo 22 febbraio davanti alla seconda sezione penale del Tribunale di Milano.
Il gup Sacco, che ha assolto Dell’Utri dall’accusa di bancarotta documentale e ha dichiarato per lui e per i suoi coimputati la prescrizione dei reati commessi prima del 2008, ha inflitto i tutto 4 condanne, a pene che vanno dai 2 anni e mezzo ai 3 anni e mezzo. Inoltre il giudice ha disposto l’interdizione dai pubblici uffici e dagli incarichi direttivi in società e imprese commerciali per 10 anni e confische di beni mobili e immobili per cifre che vanno dai 238 mila euro a oltre 2 milioni di euro.
Il pm Sergio Spadaro, titolare dell’indagine, per l’ex senatore aveva chiesto 5 anni di reclusione e per gli altri imputati condanne comprese tra i 4 e i 3 anni, ipotizzando a vario titolo accuse che andavano dalla frode fiscale alla omessa dichiarazione dei redditi, dalla bancarotta fraudolenta alla appropriazione indebita.