Stasera a cena, ospiti di una deliziosa coppia di amici, entrambi quotati professionisti (Banca d’Italia ecc.), come sia, come non sia, siamo finiti a parlare del referendum del 4 dicembre. Per fortuna abbiamo evitato di entrare nel merito. Parlare di metodo è più interessante, rivela molte più cose sull’Italia di oggi, al di là delle rispettive posizioni. È giusto che il governo spinga, nel modo in cui lo sta facendo, una riforma di parte del testo fondamentale del nostro stare insieme? Nel 1948, cattolici, liberali, e comunisti non erano forse assai più lontani, in un paese drammaticamente lacerato? Eppure cercarono e trovarono un ampio accordo (88% dei parlamentari, davvero rappresentavano l’88% dei votanti) che portò al ‘miracolo’ italiano! Le Costituzioni, si fanno così.

Ma la legge Boschi è davvero una Costituzione di parte? Per esempio Berlusconi all’inizio non era contrario! Vero. Ma poi, in Parlamento, in 6 votazioni il consenso alla ‘riforma’ non ha mai superato il 58%. Il 58% di cosa? Di un Parlamento eletto con legge maggioritaria (quindi in realtà quel 58% di parlamentari rappresenta meno del 50% dei votanti). Inoltre, i nostri onorevoli non siedono forse in Parlamento in modo illegittimo? No. Abbiamo rapidamente convenuto che l’attuale Parlamento non è illegittimo. La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la legge elettorale con la quale è stato costituito; ma anche che c’è un interesse superiore e prevalente: la continuità dello Stato. Per garantire la quale l’attuale Parlamento è legittimato a lavorare. A cosa? Alla legislazione ordinaria. E a una legge elettorale – stavolta costituzionale, democratica – che consenta al Parlamento di sciogliersi e rinnovarsi. Non è però legittimato a cambiare la Costituzione. I miei amici l’hanno riconosciuto quasi subito, dopo aver tentato un: “Se così fosse, il NO avrebbe fatto ricorso”. Non esistono ricorsi in questa materia.

E qui è successa una cosa che mi ha sorpreso. Il mio amico ha detto: “Allora è stato bravo Renzi ad approfittare della situazione con astuzia!”.

In un attimo, il nostro dibattito se la nuova Costituzione fosse di parte o meno era saltato. Tornato a casa, mi sono ritrovato a riflettere nervosamente, a cercare di capirli. Se fossi al posto loro, ragionerei così? Se la riforma fosse come la vorrei io: di segno opposto… Se imponesse maggiori controlli – non minori – ai nostri politici magna-magna; se prevedesse lentezza, meditazione, scrutinio pubblico sul cambio delle regole del gioco, sul legiferare (per le urgenze ci sono i decreti). Se la velocità la imponessero piuttosto, nell’applicare le leggi, alla P.A. … Se intravedessi la prospettiva di un mondo (per me) migliore: mi acconcerei ad una riforma costituzionale di parte? Sarei tentato, sì? Ma mi torna in mente il Parlamento eletto in modo illegittimo, e so! Al posto di Renzi avrei, al massimo, aggiustato la legge elettorale proporzionale emersa nel 2014 dalla sentenza della Corte, e sciolto il Parlamento, per eleggerne uno democratico.

Poi avrei avvertito il popolo: “Voglio cambiare la Costituzione, così e cosà, è il mio biglietto da visita, sappiatelo!”. Quando nel 2013 li ho votati, nessuno mi ha detto che intendeva cambiare la Costituzione.

Mi sono tornate in mente tutte le manipolazioni del governo. Non mi fanno votare le modifiche una per una (quesito referendario non univoco). Per esempio se voglio ridurre il numero dei senatori devo anche rinunciare ad eleggerli io. Perché? Dicono: la riforma costituzionale ha una sua organicità, non si può votarne un pezzo e non l’altro. Palle! Perché non posso ridurre a 100 i senatori e continuare a eleggerli io? Hanno messo una foglia di fico davanti alla riforma, un’esca per attirarmi. Dicono: “risparmierete 500 milioni”. Ma sono “nel migliore dei casi, 161” secondo l’economista, onesto bocconiano, il molto rispettato Roberto Perotti. Penso alla legge elettorale introdotta nel 2015, che dovrebbe ‘indurmi’ a votare Sì per non cadere in un paese ingovernabile (due maggioranze diverse fra Camera e Senato) ecc ecc.

Bugiardi e falsari sono equamente distribuiti fra i due campi. Ma altra e più grave cosa sono le manipolazioni con cui si tenta di introdurre la nuova Costituzione. La democrazia moderna nacque nel 1724 in Inghilterra quando John Huntridge, sospettato di bracconaggio, fu assolto da una giuria di proprietari terrieri ostili al bracconaggio che ragionarono così: “Se oggi calpestiamo la legge per favorire i nostri interessi, domani il Re potrà fare lo stesso contro di noi. Ci conviene affermare ‘the rule of law’ in ogni occasione”. Ragionando all’opposto muoiono democrazia e libertà. E l’Economist ricorda (a Trump): “Questo non si fa!” (non si usa) è il “central organising constitutional principle of the UK”. Anche in America: non si dice ‘negro’, non si blocca il Congresso per fini di parte, non si mente agli elettori, non si fa l’apologia del nazismo, non si usa il potere gerarchico per provarci con una donna, ecc. “It just isn’t done” matters; it is a critical piece of social infrastructure that helps keep society running”. Anche l’etica… conta! In Italia sarò forse tra i pochi a pensarla così, ma in ragione dei metodi seguiti dal governo voterò No: non voglio che chi li usa prevalga. La prossima volta eleggano il Parlamento in modo democratico, trovino un accordo che rappresenti i due terzi degli italiani, al referendum mi pongano quesiti univoci… Allora potremo iniziare a discutere nel merito.

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