Un processo diviso in quattro parti, con un rischio di prescrizione più alto. È l’esito della decisione presa dal gup del tribunale di Torino, Federica Bompieri, nel processo “Eternit bis”. Il giudice ha sì rinviato a giudizio l’ex proprietario della multinazionale Stephan Schmidheiny, ma ha cambiato l’accusa: da omicidio volontario a omicidio colposo plurimo aggravato per le morti di tanti ex operai e dei loro familiari provocate dall’inalazione di fibre di amianto. Per questa ragione ha dichiarato prescritti tre casi sui 258 confluiti in questo fascicolo. Una decisione accolta con soddisfazione dalla difesa dell’imputato: “Una grossa vittoria” dice l’avvocato Astolfo Di Amato

Il magistrato ha deciso di dividere i singoli casi tra i tribunali competenti territorialmente: “La maggior parte andrà a Vercelli, che è competente per l’area di Casale Monferrato, a Reggio Emilia per due casi di Rubiera e alcuni casi di Bagnoli a Napoli”, spiega Bruno Pesce, vicepresidente dell’Associazione familiari e vittime dell’amianto (Afeva) di Casale Monferrato, città in cui l’Eternit aveva il suo maggior stabilimento italiano. “Tre procure dovranno rimettersi al lavoro e richiedere al giudice competente l’eventuale rinvio a giudizio e il reato potrà essere riformulato di nuovo”, continua. Per l’esattezza 243 casi a Vercelli, otto a Napoli, due a Reggio Emilia e due resteranno a Torino, dove a giugno comincerà il processo. “Si ricomincia da ancora capo: vuol dire andare avanti negli anni con il rischio della prescrizione, anche se la nuova contestazione ci lascia un certo margine”, constata Pesce dopo questa decisione che riaccende la delusione della sentenza della Cassazione con cui si dichiarava prescritto il reato di disastro ambientale nel primo processo “Eternit”. Spiega Sergio Bonetto, avvocato di parte civile, che con la nuova accusa a Torino i reati potrebbero prescriversi in un periodo compreso tra i 12 e i 15 anni e lasciare quindi molti episodi senza un responsabile: “Negli anni Ottanta nel mio primo processo per le morti dell’Eternit – ricorda – di una settantina di casi soltanto uno è arrivato in Cassazione il mese prima che si prescrivesse”.

C’è “amarezza, profonda amarezza”, commenta a caldo Giuliana Busto, presidente di Afeva. “Non avevamo illusioni – continua Pesce -. Sappiamo come gira il mondo, ma una mezza speranza l’avevamo perché dal processo precedente erano emersi documenti e testimonianze sul dolo”. Secondo il vicepresidente in Italia c’è un grosso lavoro da fare per “comprendere che la criminalità di impresa, anche quando provoca migliaia e migliaia di morti, non è ancora digerita dal nostro sistema e dalla nostra cultura”. Poi c’è sempre quel nodo della prescrizione che “continuerà a impedire la giustizia per chissà quante altre persone. La prescrizione tutela soltanto chi è accusato di un reato, e non chi lo ha subito. Ogni settimana a Casale c’è una vittima di mesotelioma a ricordarcelo. E la vittima è oggi, non era ieri, nonostante il disastro sia prescritto”. Secondo Bonetto il fatto che a 15 anni dall’avvio di questa maxi-inchiesta, che ha portato a due grandi processi, non ci sia ancora un responsabile, “è un fallimento della giustizia”.

Anche per queste ragioni secondo Nicola Pondrano, ex operaio dell’Eternit e ora presidente del Fondo Amianto dell’Inail, “si apre una nuova stagione”. Dopo le delusioni della giustizia penale e della repressione “bisognerà riconsiderare la giustizia riparativa. La congruità di un risarcimento non offende la dignità della persona”, afferma. E un pensiero va al 2012, quando – sulle pressioni dei cittadini – l’amministrazione di Casale Monferrato rinunciò al risarcimento offerto da Schmidheiny, “l’offerta del diavolo”.

Secondo l’ex procuratore Raffaele Guariniello, che con la sua impostazione del processo “Eternit” ed “Eternit bis” ha cercato (invano) di innovare la giurisprudenza sulle morti da lavoro, bisogna “avere una visione positiva” perché “i processi si faranno” e anche perché “l’Italia sarà l’unico Paese al mondo in cui Schmidheiny verrà portato in tribunale”. È soddisfatto soprattutto per un parere della Corte costituzionale, secondo la quale Schmidheiny può essere processato per ogni nuovo morto da mesotelioma provocato dagli stabilimenti Eternit di Casale Monferrato, Cavagnolo, Rubiera e Bagnoli: “Questo – ha precisato l’ex pm – vale per i casi del presente e di quelli che purtroppo ci saranno in futuro”. L’epoca di Guariniello però è passata: “Lui aveva tentato un assalto al cielo – dice l’avvocato Bonetto – e ora sul tema della sicurezza dei lavoratori c’è un riflusso”.

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