Non un Senato delle Autonomie, ma un Senato di certe autonomie. Con la riforma che domenica sarà sottoposta al referendum costituzionale, un cittadino valdostano peserebbe infatti 10 volte uno veneto e uno campano. Un molisano sarebbe rappresentato come un gigante: grande come 4 lombardi. Un lucano varrebbe invece come 2 toscani e mezzo. Non dipende dalla legge di gravità né da strane scale di valori. E’ la traduzione della sbilenca distribuzione dei seggi del Senato per ciascuna Regione prevista dalla legge Boschi. Ed è la dimostrazione che non solo la riforma è scritta male, ma che i nuovi costituenti hanno avuto qualche problema anche con la matematica.
Da una parte, infatti, 11 Regioni hanno senatori più o meno in proporzione alla popolazione, in numero calante da 14 seggi a 3. Dall’altra le altre 10 prendono tutte due senatori ciascuna, senza distinzione: dal Friuli Venezia Giulia al Molise, dalle Marche alla Val d’Aosta. Così Mario Staderini, ex segretario radicale, si è messo a un tavolo con un matematico (Giuseppe Di Bella) e un ingegnere informatico (Francesco Ottaviano) e ha prodotto un sito internet (si chiama nuovosenato.it) che, come se fosse un cambiavalute, calcola quanto un cittadino di una Regione vale a petto di uno di un’altra Regione. “La Costituzione – spiega Staderini – dice che il voto di ciascun cittadino dev’essere uguale e quindi deve pesare alla stessa maniera. Invece così finisce che questo principio non è rispettato”.
Tutto dipende, come detto, da come la riforma costituzionale distribuisce i senatori: alla Lombardia 14, alla Campania 9, al Lazio 8, a Piemonte, Veneto e Sicilia 7, a Emilia Romagna e Puglia 6, alla Toscana 5, a Calabria e Sardegna 3. Tutte le altre avranno due senatori ciascuna, senza proporzione e differenze: Valle d’Aosta, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Marche, Abruzzo, Molise, Basilicata e le province di Trento e Bolzano. Un sistema che distorce tutto perché non rispetta le proporzioni delle Regioni e delle loro popolazioni. Per usare un’altra immagine, se il Senato fosse una cartina geografica, la Liguria sarebbe grande come l’isola d’Elba, mentre il Molise avrebbe la riprova non solo che esiste – a dispetto delle malelingue dei social network – ma che è grande minimo come il Portogallo.
La “regina di Palazzo Madama” sarà sicuramente la Val d’Aosta: nell’assemblea ogni valdostano avrà il peso di 10 veneti, 11 laziali, 11 siciliani e mezzo e 12 liguri. La Regione più piccola d’Italia è sovradimensionata nel confronto con tutte le altre. Al secondo posto arriva il Trentino Alto Adige – che si prende 4 senatori perché diviso tra le province di Trento e Bolzano -, al terzo il Molise che nel rapporto senatori-cittadini batte tutti tranne la Val d’Aosta. Sono ben piazzate anche Basilicata e Umbria che avrebbero in regalo uno spazio superiore a quello che indicherebbero i loro censimenti. Al contrario un cittadino della Liguria, come detto, si sentirà piccino così: quando voterà i suoi senatori, nella possibile Camera delle Autonomie non sarà mai uguale a nessuno dei suoi connazionali.
Per giunta questo meccanismo, come già ha spiegato ilfatto.it, rende irragionevole anche un altro principio espresso dalla riforma, quello per cui le delegazioni regionali in Senato dovranno rispecchiare la composizione dei consigli regionali. Con due soli senatori, infatti, quelle 10 Regioni non potranno fare altro che mandare un senatore per la maggioranza e uno per la principale delle opposizioni.
Il quasi-voto distorto
Piccolo inciso: come sanno tutti, il possibile nuovo Senato verrà eletto dai consigli regionali “in conformità alle scelte espresse dagli elettori“. L’elezione dei senatori è, sì, di secondo livello, ma è prevista – anzi, di più: promessa dal Pd – un’indicazione da parte degli elettori. Quindi quando si parla del peso di un cittadino è come dire che si parla del suo voto.
E per far capire quanto sia distorta la composizione del Senato che potrebbe nascere domenica prossima, Staderini prende a modello i due sistemi elettorali più lontani tra loro, il maggioritario (Gran Bretagna) e il proporzionale (Spagna, Austria, con le dovute differenze). “In Italia in entrambi i casi – spiega Staderini – i collegi in cui è diviso il corpo elettorale sono di circa 100mila aventi diritto. Così il voto di un collegio pesa in modo identico a un altro, al Nord come al Sud, in Val d’Aosta come in Sicilia”.
Un modello alternativo? Il sistema attuale
Dice: ma una legge elettorale per il Senato, se passerà il sistema rinnovato dalla riforma, bisogna ancora farla. Il problema è che la distribuzione dei senatori regione per regione è fissata in Costituzione e nessuna legge potrà correggere questa anomalia. Ci sarebbe stato un sistema alternativo? “Sicuramente – dice Staderini – Noi non abbiamo fatto elaborazioni alternative, ma per trovarne una basta prendere quella della Costituzione attuale che alla Val d’Aosta dà un senatore”. Un senatore alla Val d’Aosta su 315. Due senatori al Molise su 315. Tutte le altre, minimo 7 senatori. Anche nella Costituzione di oggi c’è una distorsione, ma è minima, nell’ordine di pochi decimali, spiega Staderini. La Valle D’Aosta anche prima era leggermente sovrarappresentata, ma nell’ordine da 1 a 1,6 cittadini delle altre regioni. “I Padri costituenti avevano voluto garantire le Regioni più piccole per dare loro rappresentanza – continua l’ex segretario radicale – Qui invece il principio viene ribaltato: le Regioni più piccole sono sovrastimate. Ed è un ribaltamento immotivato, oltre che iniquo“.
Staderini, il Radicale tutore dell’articolo 48
Staderini, avvocato, radicale, difende il voto “libero ed eguale” (articolo 48) dall’inizio della campagna referendaria. A ottobre ha presentato – come l’ex presidente della Consulta Valerio Onida – un ricorso al Tar del Lazio a favore del cosiddetto “spacchettamento” del quesito, perché così – aveva sostenuto Staderini insieme al giurista Fulco Lanchester – si dice Sì o No “a una riforma che modifica in un sol colpo il 35% degli articoli della Costituzione”. Ma la proposta, così come quello di Onida, non è stato accolta dai giudici. Per garantire la partecipazione ha anche portato l’Italia davanti al Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra per il “boicottaggio pluridecennale” di referendum e di leggi di iniziativa popolare. Strumenti su cui pure interviene la riforma costituzionale, mantenendo il quorum del 50 per cento più uno per le proposte che raccolgono 500mila firme e un quorum più basso (la metà più dei votanti alle ultime Politiche) se si raggiungono 800mila firme. “In questo modo il referendum si trasforma in uno strumento a disposizione dei grandi partiti“.
Referendum Costituzionale
Referendum, la cartina distorta del nuovo Senato: un cittadino in Val d’Aosta peserà 10 volte uno di Veneto e Sicilia
Un valdostano vale 10 veneti e 11 siciliani, un molisano 4 lombardi, un lucano grande come due toscani e mezzo. E' l'effetto della distribuzione dei senatori prevista dalla riforma Boschi che premia a dismisura le Regioni più piccole e punisce le Regioni medie. L'ex segretario radicale Staderini ha realizzato un sito per misurare queste distorsioni. "E' un sistema iniquo e immotivato". Eppure un'alternativa c'era: le proporzioni previste dalla Costituzione di oggi
Non un Senato delle Autonomie, ma un Senato di certe autonomie. Con la riforma che domenica sarà sottoposta al referendum costituzionale, un cittadino valdostano peserebbe infatti 10 volte uno veneto e uno campano. Un molisano sarebbe rappresentato come un gigante: grande come 4 lombardi. Un lucano varrebbe invece come 2 toscani e mezzo. Non dipende dalla legge di gravità né da strane scale di valori. E’ la traduzione della sbilenca distribuzione dei seggi del Senato per ciascuna Regione prevista dalla legge Boschi. Ed è la dimostrazione che non solo la riforma è scritta male, ma che i nuovi costituenti hanno avuto qualche problema anche con la matematica.
Da una parte, infatti, 11 Regioni hanno senatori più o meno in proporzione alla popolazione, in numero calante da 14 seggi a 3. Dall’altra le altre 10 prendono tutte due senatori ciascuna, senza distinzione: dal Friuli Venezia Giulia al Molise, dalle Marche alla Val d’Aosta. Così Mario Staderini, ex segretario radicale, si è messo a un tavolo con un matematico (Giuseppe Di Bella) e un ingegnere informatico (Francesco Ottaviano) e ha prodotto un sito internet (si chiama nuovosenato.it) che, come se fosse un cambiavalute, calcola quanto un cittadino di una Regione vale a petto di uno di un’altra Regione. “La Costituzione – spiega Staderini – dice che il voto di ciascun cittadino dev’essere uguale e quindi deve pesare alla stessa maniera. Invece così finisce che questo principio non è rispettato”.
Tutto dipende, come detto, da come la riforma costituzionale distribuisce i senatori: alla Lombardia 14, alla Campania 9, al Lazio 8, a Piemonte, Veneto e Sicilia 7, a Emilia Romagna e Puglia 6, alla Toscana 5, a Calabria e Sardegna 3. Tutte le altre avranno due senatori ciascuna, senza proporzione e differenze: Valle d’Aosta, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Marche, Abruzzo, Molise, Basilicata e le province di Trento e Bolzano. Un sistema che distorce tutto perché non rispetta le proporzioni delle Regioni e delle loro popolazioni. Per usare un’altra immagine, se il Senato fosse una cartina geografica, la Liguria sarebbe grande come l’isola d’Elba, mentre il Molise avrebbe la riprova non solo che esiste – a dispetto delle malelingue dei social network – ma che è grande minimo come il Portogallo.
La “regina di Palazzo Madama” sarà sicuramente la Val d’Aosta: nell’assemblea ogni valdostano avrà il peso di 10 veneti, 11 laziali, 11 siciliani e mezzo e 12 liguri. La Regione più piccola d’Italia è sovradimensionata nel confronto con tutte le altre. Al secondo posto arriva il Trentino Alto Adige – che si prende 4 senatori perché diviso tra le province di Trento e Bolzano -, al terzo il Molise che nel rapporto senatori-cittadini batte tutti tranne la Val d’Aosta. Sono ben piazzate anche Basilicata e Umbria che avrebbero in regalo uno spazio superiore a quello che indicherebbero i loro censimenti. Al contrario un cittadino della Liguria, come detto, si sentirà piccino così: quando voterà i suoi senatori, nella possibile Camera delle Autonomie non sarà mai uguale a nessuno dei suoi connazionali.
Per giunta questo meccanismo, come già ha spiegato ilfatto.it, rende irragionevole anche un altro principio espresso dalla riforma, quello per cui le delegazioni regionali in Senato dovranno rispecchiare la composizione dei consigli regionali. Con due soli senatori, infatti, quelle 10 Regioni non potranno fare altro che mandare un senatore per la maggioranza e uno per la principale delle opposizioni.
Il quasi-voto distorto
Piccolo inciso: come sanno tutti, il possibile nuovo Senato verrà eletto dai consigli regionali “in conformità alle scelte espresse dagli elettori“. L’elezione dei senatori è, sì, di secondo livello, ma è prevista – anzi, di più: promessa dal Pd – un’indicazione da parte degli elettori. Quindi quando si parla del peso di un cittadino è come dire che si parla del suo voto.
E per far capire quanto sia distorta la composizione del Senato che potrebbe nascere domenica prossima, Staderini prende a modello i due sistemi elettorali più lontani tra loro, il maggioritario (Gran Bretagna) e il proporzionale (Spagna, Austria, con le dovute differenze). “In Italia in entrambi i casi – spiega Staderini – i collegi in cui è diviso il corpo elettorale sono di circa 100mila aventi diritto. Così il voto di un collegio pesa in modo identico a un altro, al Nord come al Sud, in Val d’Aosta come in Sicilia”.
Un modello alternativo? Il sistema attuale
Dice: ma una legge elettorale per il Senato, se passerà il sistema rinnovato dalla riforma, bisogna ancora farla. Il problema è che la distribuzione dei senatori regione per regione è fissata in Costituzione e nessuna legge potrà correggere questa anomalia. Ci sarebbe stato un sistema alternativo? “Sicuramente – dice Staderini – Noi non abbiamo fatto elaborazioni alternative, ma per trovarne una basta prendere quella della Costituzione attuale che alla Val d’Aosta dà un senatore”. Un senatore alla Val d’Aosta su 315. Due senatori al Molise su 315. Tutte le altre, minimo 7 senatori. Anche nella Costituzione di oggi c’è una distorsione, ma è minima, nell’ordine di pochi decimali, spiega Staderini. La Valle D’Aosta anche prima era leggermente sovrarappresentata, ma nell’ordine da 1 a 1,6 cittadini delle altre regioni. “I Padri costituenti avevano voluto garantire le Regioni più piccole per dare loro rappresentanza – continua l’ex segretario radicale – Qui invece il principio viene ribaltato: le Regioni più piccole sono sovrastimate. Ed è un ribaltamento immotivato, oltre che iniquo“.
Staderini, il Radicale tutore dell’articolo 48
Staderini, avvocato, radicale, difende il voto “libero ed eguale” (articolo 48) dall’inizio della campagna referendaria. A ottobre ha presentato – come l’ex presidente della Consulta Valerio Onida – un ricorso al Tar del Lazio a favore del cosiddetto “spacchettamento” del quesito, perché così – aveva sostenuto Staderini insieme al giurista Fulco Lanchester – si dice Sì o No “a una riforma che modifica in un sol colpo il 35% degli articoli della Costituzione”. Ma la proposta, così come quello di Onida, non è stato accolta dai giudici. Per garantire la partecipazione ha anche portato l’Italia davanti al Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra per il “boicottaggio pluridecennale” di referendum e di leggi di iniziativa popolare. Strumenti su cui pure interviene la riforma costituzionale, mantenendo il quorum del 50 per cento più uno per le proposte che raccolgono 500mila firme e un quorum più basso (la metà più dei votanti alle ultime Politiche) se si raggiungono 800mila firme. “In questo modo il referendum si trasforma in uno strumento a disposizione dei grandi partiti“.
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Roma, 31 gen (Adnkronos) - "Mentre la Presidente Meloni evoca complotti, si atteggia a vittima e aggredisce altri poteri dello Stato con toni che ricordano la stagione più buia del berlusconismo, la realtà presenta il conto". Lo dice Alfredo D'Attorre, componente della segreteria nazionale del Pd.
"La crescita del PIL nel 2024 è appena la metà di quella prevista dal governo, la produzione industriale continua a calare, i conti della legge di bilancio sono già da rifare, moltissimi giovani qualificati in cerca di lavoro continuano a emigrare, i tagli a scuola e università proseguono, la produttività del lavoro cala drasticamente e i salari non tengono minimamente il passo dell’inflazione cumulata negli ultimi 3 anni", prosegue.
"Un complotto contro il governo in effetti si sta avvicinando, ma è quello dei fatti e della realtà, che evidentemente non si lasciano intimidire dalle dichiarazioni di Palazzo Chigi", conclude D'Attorre.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Pil fermo al palo, produzione industriale in segno negativo, ore di cassa integrazione in aumento costante, intere filiere produttive in crisi, incremento significativo della povertà delle famiglie, carburanti alle stelle, ma per questo Governo meglio attaccare i giudici e inventarsi complotti e nemici per distrarre dai problemi quotidiani irrisolti. Tutto pur di non parlare di economia e sociale. E chissà magari domani ci diranno che la priorità sarà quella di andare su Marte, ovviamente grazie all’onnipresente Elon Musk". Così Debora Serracchiani, responsabile Giustizia nella segreteria nazionale del Pd.
Roma, 31 gen (Adnkronos) - "Bruno Vespa cita Matteo Renzi a proposito del generale Almasri. Spiace prendere atto che Vespa è ormai il portavoce di Fratelli d’Italia. Ma potrebbe essere utile ricordargli che la linea degli accordi con la Libia non è stata seguita dal Governo Renzi, ma - casomai - dai Governi successivi. Se Vespa vuole parlare di Renzi farebbe bene a informarsi prima. Attendiamo le scuse del conduttore". Lo scrive sui social Enrico Borghi, presidente dei senatori di Iv.
Roma, 31 gen (Adnkronos) - "Ma che c’azzecca la risposta piccata di Bruno Vespa? Gli ricordiamo che in televisione, di mestiere, dovrebbe fare il giornalista e non il portavoce di Palazzo Chigi”. Lo dice Sandro Ruotolo, responsabile Informazione nella segreteria nazionale del Pd ed europarlamentare.
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Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "A cinque anni dalla Brexit, i disastri di quella scelta sono sotto gli occhi di tutti e gli inglesi si sono già pentiti di ciò. Eppure, nel 2016, Giorgia Meloni definiva quel referendum 'un esempio da seguire'. Come sempre, i nazionalisti dicono tutto e il suo contrario". Così Sandro Gozi sui social rilanciano il post del 2016 della premier Giorgia Meloni.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - Nasce una nuova scuola europea per formare una giovane generazione di amministratori locali che vogliono fare buona politica grazie all’opportunità fornite dall’Unione Europea. Akadémeia è politicamente trasversale ed è gratuita per gli studenti, grazie alle borse di studio. La conferenza di presentazione sarà lunedì 3 febbraio alle 15 a Esperienza Europa in Piazza Venezia 6 a Roma. Interverranno Dario Nardella (fondatore di Akademeia), i due membri del comitato scientifico Luciana Lamorgese e Gianni Letta, il sindaco di Napoli e presidente dell’Anci Gaetano Manfredi.