Il giornalismo di inchiesta internazionale si sta spostando verso ambiti che hanno a che fare sempre più con la scienza, ha spiegato Iain Overton (affermato giornalista freelance britannico, Bbc e Guardian) al Frontline Club di Londra in una recente conferenza. Il motivo risiede nel fatto che sono sempre di più le truffe che avvengono oggi in ambito medico, ambientale, biotecnologico e altri settori della scienza. Uno studio che “spinga” in una certa direzione, arrivando in certi casi a falsare i dati degli esperimenti, può essere il trampolino per enormi affari delle industrie o per legittimare politiche di governo non a beneficio dei cittadini, ma di lobby e gruppi di potere.

Il giornalista che vuole investigare in questo ambito si trova di fronte ad un alto livello di tecnicismo dietro il quale si possono nascondere eventuali illeciti. Evidenziare gli abusi o le truffe in ambito scientifico richiede una competenza specifica che pochi giornalisti di inchiesta, anche di altissimo profilo, oggi possiedono.

Ciò che serve è prima di tutto capire come funziona la scienza e la comunità scientifica, come si autoregola, oltre a comprendere quando e se l’autore dello studio è in conflitto di interessi. Il giornalista può così costruirsi un know how competitivo e appetibile per i media nazionali e internazionali, costruendosi una nicchia di competenze fondamentale per assicurarsi una buona fetta di mercato e distinguersi da altri freelance: quello che fa la differenza tra vendere i propri articoli e vivere di questo lavoro o restare fuori dal mercato dei media. È necessario comprendere l’etica alla base di questo lavoro e dunque cosa non deve essere il giornalismo scientifico: megafono della comunità scientifica, strumento di battaglie interne alla stessa, promozione acritica dei risultati della scienza o censura degli stessi, strumento per “educare”.

E ciò che deve essere: sempre dalla parte del pubblico interesse, ricordarsi che l’unico “referente” del giornalista è il lettore, scoprire fatti (anche a partire dalla letteratura scientifica), verificarli, saperli raccontare senza distorcerne il significato nel tentativo di “semplificare” i complessi concetti della scienza, sfidare la narrativa costruita dalla maggioranza dei media intorno a un caso, ricordarsi che non esistono argomenti tabù (come i vaccini o la sperimentazione animale) fintanto che il giornalista scopre, verifica i fatti e controlla l’indipendenza e validità delle proprie fonti, avendo al contempo consapevolezza delle responsabilità a cui è chiamato quando scrive di argomenti “sensibili”. Il giornalista scientifico non educa, non censura argomenti a seconda dei propri gusti o di quelli del caporedattore, non fa gli interessi di nessuno se non del lettore. Scopre fatti e li racconta, evitando il gergo della scienza, ma anche senza avere la pretesa di “tradurre” per il lettore non esperto. Il giornalista scientifico, come ogni altro giornalista, crea realtà, ma a partire da una serrata verifica e aderenza ai fatti.

Oltre a tutto questo, sabato 3 dicembre, durante il corso “Scienza, lobby e politica“, si affronterà anche la differenza tra il lavoro dell’addetto stampa e del giornalista, quella tra “divulgazione scientifica” e giornalismo, spiegando come oggi gli uffici stampa rappresentino, in una certa misura, un ostacolo al lavoro del giornalista. Tutti i temi del corso verranno poi spiegati praticamente affrontando casi specifici: il caso Xylella, il caso IIT e Human Technopole, e molto altro.

Vi aspettiamo.

Qui il programma completo dei corsi

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