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Chi sono le vittime degli incidenti automobilistici mortali? Nel breve arco di 2 anni (2014-2015) i morti per incidente stradale hanno riguardato per la maggior parte (44,1% nel 2014 e 42,9% nel 2015) le persone che si trovavano in autovetture, per il 20,8% nel 2014 e il 22,5% nel 2015 i motociclisti e per il 17,1% nel 2014 e 17,6% nel 2015 i pedoni e per l'8,1% nel 2014 e il 7,3% nel 2015 i ciclisti.

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E’ il caso di soffermarci, in particolare, sui morti e feriti per incidente stradale che si contano tra i pedoni: tra il 2001 e il 2014 i primi sono diminuiti, passando da 1.032 a 578 (-44%), mentre i secondi sono aumentati da 20.911 a 21.807 (+4,3%). Ciò che tuttavia va sottolineato riguarda l’incidenza del fenomeno in oggetto su quello complessivo: i pedoni morti sul totale dei decessi per incidente stradale pesavano il 14,5% nel 2001 e il 17,1% nel 2014, mentre i pedoni feriti sono passati da una percentuale del 5,6% a una dell’8,7% sul totale dei feriti per incidente stradale. Tutto questo mette in evidenza come la pericolosità per i pedoni – che subiscono il fenomeno più che provocarlo – in termini relativi, nell’arco di circa 15 anni, sia aumentata.

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Abbiamo anche voluto dare un’occhiata al fenomeno nelle grandi città italiane. Chi si aspettasse il più elevato numero di incidenti mortali per milione di abitanti nella caotica Napoli, si sbaglierebbe: Roma (56,5) supera la media nazionale (55,6), mentre Napoli (28,7) segue addirittura Milano (31,6), anche se bisogna evidenziare come l’indice di mortalità stradale, inteso come la percentuale di morti per incidente stradale sul totale di incidenti con lesioni alle persone sia più elevato a Napoli (1,93%), che a Roma (1,45%) e a Milano (0,72%), contro una media Italia dell’ 1,91%, dimostrando che il fenomeno presenta una gravità all’incirca inversa rispetto alla sua frequenza.

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Rimanendo nell’ambito dei morti per incidenti stradali, spostandoci in campo Ue, appare come mediamente nella Ue ci siano poco più di 50 morti per milione di abitanti. Sono solo 11 i Paesi che si trovano al di sotto di tale media, che vede, nel 2015, Malta come la più virtuosa (Tasso di mortalità=25,6 per milione di abitanti) e tutti paesi del Nord Europa, oltre alla mediterranea Spagna (36,3). Va sottolineato che Malta in appena un anno, dal 2013 al 2014, ha dimezzato il suo tasso di mortalità, passando da 42,7 a 23,4.

Tutti gli altri 17 Paesi si trovano al di sopra della media europea e l’Italia (55,3) è tra questi, anche se, insieme con Francia (53,8), Austria (55,3) e Slovenia (58,2) presenta un tasso di mortalità molto vicino alla media generale. I tassi più elevati attengono ai Paesi più meridionali – Cipro, con 67,3 e Grecia, con 74,5 – ma soprattutto a quelli dell’est, quali Romania (95,3) e Bulgaria (98,3), fanalini di coda.

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Che il tasso di mortalità stradale non dipenda tanto da traffico, numero di autovetture per abitante, ma soprattutto da comportamenti, da educazione, risulta alquanto palese osservando i dati relativi all’incidenza di automobili per 1.000 residenti nei diversi Paesi della Ue. Diversamente dalle attese, a un maggior numero di autovetture per 1.000 abitanti non corrisponde un più elevato tasso di mortalità stradale: i due fenomeni non mostrano alcuna correlazione tra loro, come dimostra anche il Coefficiente di correlazione, pari a -0,44.

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La domanda che ci si pone, letti i dati, è: come è possibile evitare o almeno ridurre al minimo tutto ciò che accade? Sicuramente bisogna agire su più fronti primo fra tutti quello delle campagne pubblicitarie: ma su quale piano agire? Sono più efficaci spot molto duri che impressionano lo spettatore (i cosiddetti fear appeal cioè appello alla paura) o spot più leggeri che cercano di convincere ed educare lo spettatore a una guida responsabile?

Gli specialisti sono divisi. I fear appeal sembrano funzionare non per tutti gli individui o in tutte le situazioni in modo uguale. E’ però verificato che nei Paesi dove sono stati proiettati spot a elevato impatto emotivo, la situazione è migliorata. Stiamo parlando di Paesi come la Spagna, la Francia, l’Inghilterra, il Portogallo. In generale, però, anche se utili, non ci sembra corretto che un Paese per contrastare simili fenomeni debba ricorrere una tale tipologia di messaggi “intimidatori”. D’altra parte, con un parallelismo, anche un deterrente come la pena di morte non è riuscita a scongiurare gli omicidi.

E’ opportuno allora puntare sulla paura? Occorrerebbe, forse, mirare più efficacemente a una educazione che convinca intimamente i conducenti di veicoli, giovani e non, ad adottare un comportamento sicuro per sé e per gli altri. In Italia numerose sono state le campagne di prevenzione promosse e realizzate da vari enti e istituzioni: vari Ministeri, Aci, Croce Rossa, Ania, Asaps, Rai.

Molto attiva si è dimostrata anche Rai IsoRadio, il canale radiofonico di settore che trasmettendo 24 ore al giorno notizie di infomobilità sulle principali strade e autostrade e su numerose aree metropolitane, in questi ultimi anni ha trattato spesso questo tema con numerose iniziative Sulla buona strada, Scuola Guida, Le 5 giornate di Sanremo solo per citarne alcune delle ultime.

A livello europeo, si è programmato – come rilevato – di chiedere ai Paesi di dimezzare i decessi tra il 2011 e il 2020 agendo su diversi fronti quali educare e formare in tema di sicurezza stradale, uniformare a livello europeo le sanzioni, migliorare la sicurezza dei veicoli in particolar modo di quelli a due ruote a motore, realizzare infrastrutture stradali più sicure, migliorare i controlli, incrementare tecnologie intelligenti, registrare e analizzare meglio gli incidenti per capirne le dinamiche per identificare e sviluppare nuove misura preventive.

Iniziative ad ampio spettro per arginare un problema globale che ancora ai nostri giorni determina numeri di decessi e feriti che sembrano essere tratti da un bollettino di guerra.

Alla redazione del presente Articolo ha collaborato Mariano Ferrazzano

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