I giudice della corte d'Assise di Milano: "L'azione penale non poteva essere iniziata" per la "mancata riapertura delle indagini". La figlia della vittima: "Una brutta sorpresa e un’ulteriore beffa dopo tanti anni di sofferenza che ci hanno molto provato"
Il processo milanese a carico di Rocco Schirripa, accusato di essere l’esecutore materiale dell’ omicidio del 1983 del procuratore di Torino Bruno Caccia, si è chiuso con una sentenza di “non doversi procedere”. Lo ha deciso la Corte d’Assise sulla base dell’errore procedurale della Procura che non aveva chiesto la riapertura delle indagini non essendo a conoscenza di un precedente fascicolo archiviato. La Procura ha già riaperto le indagini due giorni fa e disposto un fermo per Schirripa. Si riparte dunque dalle indagini.
La Corte, presidente Ilio Mannucci Pacini, a latere Ilaria Simi De Burgis, accogliendo, in sostanza, la richiesta del pm Marcello Tatangelo, ha emesso “sentenza di non doversi procedere” perché “l’azione penale non poteva essere iniziata” per la “mancata riapertura delle indagini”. Mancava, dunque, come evidenziato dalla stessa Procura che ha commesso l’errore e che ora ha riaperto le indagini, una “condizione di procedibilità”.
Il legale dei familiari di Caccia, l’avvocato Fabio Repici, aveva chiesto alla Corte di pronunciarsi sulla utilizzabilità o meno delle prove raccolte prima dell’iscrizione dell’uomo nel registro degli indagati (del 25 novembre 2015) anche alla luce del nuovo procedimento aperto dai pm, ma in sostanza i giudici hanno spiegato di non potersi esprimere sul punto. Tuttavia, respingendo la tesi della difesa di Schirripa che chiedeva l’assoluzione nel merito perché “le prove non esistono più”, i giudici hanno scritto che non può esserci una sentenza di “proscioglimento” perché “non tutti” gli elementi probatori “sono inutilizzabili”.
L’errore dei pm “è stato effettivamente una brutta sorpresa e un’ulteriore beffa dopo tanti anni di sofferenza che ci hanno molto provato” ha detto ai cronisti una delle figlie del magistrato ucciso. La donna, comunque, ha aggiunto di avere ancora fiducia nella giustizia: “Mio padre credeva ed è morto per la giustizia, bisogna avere fiducia”. In ogni caso “questi sono stati giorni molto pesanti per tutta la famiglia, siamo stati messi ancora a dura prova”. Ora, ha proseguito, “tutto è nelle mani del gip” che dovrà decidere sulla convalida del fermo e sulla misura cautelare.
“La sentenza di oggi è dichiarativa del fallimento della Procura di Milano. Vedremo quali saranno le conseguenze commenta l’avvocato di parte civile Fabio Repici -. Vuol dire ha aggiunto l’avvocato con disappunto che l’ennesimo processo a Schirripa sarà un terno al lotto, che la Procura ha aperto un procedimento come un terno al lotto”. “Ricominceremo da capo ma restiamo convinti che, comunque sia, non ci sono elementi di prova per ritenere il mio assistito responsabile” sostiene l’avvocato Mauro Anetrini, uno dei difensori.