Referendum Costituzionale

Referendum, Prodi: “Sento il dovere di rendere pubblico il mio Sì, anche se la riforma non ha la profondità necessaria”

L'ex presidente del Consiglio e fondatore dell'Ulivo in una nota ha espresso il suo sostegno al progetto per il nuovo Senato spiegando di voler essere coerente con la sua storia personale: "La speranza è che questo giovi al rafforzamento della nostre regole democratiche soprattutto attraverso la riforma della legge elettorale". Ha poi ribadito il suo rammarico per "la rissa" che ha indebolito l'Italia e per un dibattito che ha "abbandonato il tema fondamentale, ossia una modesta riforma costituzionale, per trasformarsi in una sfida pro o contro il governo"

“Sento il dovere di rendere pubblico il mio Sì“. A pochi giorni dal referendum costituzionale, Matteo Renzi ottiene a sorpresa l’appoggio dell’ex presidente del Consiglio Romano Prodi. Il fondatore dell’Ulivo, che in passato più volte non ha nascosto la sua divergenza di visioni rispetto al leader Pd, ha deciso con una nota di rendere pubblica la sua posizione: “Anche se le riforme proposte”, si legge, “non hanno certo la profondità e la chiarezza necessarie, tuttavia per la mia storia personale e le possibili conseguenze sull’esterno, sento il dovere di rendere pubblico il mio Sì, nella speranza che questo giovi al rafforzamento della nostre regole democratiche soprattutto attraverso la riforma della legge elettorale”. A Prodi arriva il grazie del presidente del Consiglio Matteo Renzi, che oggi ha fatto tappa ad Ancona: “Voterà sì pur non condividendo tutto – ha dichiarato Renzi – ma riconoscendo che c’è un’esigenza per il Paese”. Ma in quel Sì ci sono molte cose, molti destinatari, molti sassolini da togliere dalle scarpe. “La mia storia personale è stata tutta nel superamento delle vecchie decisioni che volevano sussistere nonostante i cambiamenti epocali in corso. Questo era l’Ulivo“. Prodi sottolinea che la sua “vicenda politica – ha sottolineato il fondatore dell’Ulivo – si è identificata nel tentativo di dare a questo Paese una democrazia finalmente efficiente e governante: questo è il modello maggioritario e tendenzialmente bipolare che le forze riformiste hanno con me condiviso e sostenuto. C’è chi ha voluto ignorare e persino negare quella storia, come se le cose cominciassero sempre da capo, con una leadership esclusiva, solitaria ed escludente. E c’è chi ha poi strumentalizzato quella storia rivendicando a sé il disegno che aveva contrastato“. Naturalmente niente è esplicito, ma in quei due identikit sembra facile riconoscere da una parte proprio il presidente del Consiglio e dall’altra leader come Massimo D’Alema.

Prodi al tempo stesso non ha nascosto la sua amarezza per la “rissa” che si è creata sul tema che “ha trasmesso in Italia ed all’estero un senso di debolezza che, qualsiasi sarà il risultato di questo referendum, si trasformerà in un periodo (speriamo non troppo lungo) di inutile e dannosa turbolenza“. A questo proposito ha quindi ribadito una delle accuse che più spesso vengono fatte al presidente del Consiglio: “Era chiaro che se si voleva chiedere una decisione sul contenuto della riforma costituzionale lo si sarebbe dovuto separare, come saggiamente da alcuni proposto fin dall’inizio dell’estate, dalla sorte del governo. Così non è stato e l’elettore italiano e l’osservatore straniero sono stati messi di fronte ad un confronto che ha per mesi esaltato le debolezze esistenti del nostro Paese e ne ha inutilmente inventate delle non esistenti. Un dibattito che ci ha indebolito all’estero per pure ragioni di politica interna. Tale confronto è diventato quindi una rissa sulla stabilità, inutilmente messa in gioco da un’improvvida sfida“.

L’ex presidente del Consiglio ha quindi spiegato le ragioni del suo Sì, specificando che è “naturalmente rispettoso nei confronti di chi farà una scelta diversa”: “Dato che nella vita, anche le decisioni più sofferte debbono essere possibilmente accompagnate da un minimo di ironia, mentre scrivo queste righe mi viene in mente mia madre che, quando da bambino cercavo di volere troppo, mi guardava e diceva: ‘Romano, ricordati che nella vita è meglio succhiare un osso che un bastone'”. Prodi negli ultimi anni ha deciso di mantenere una posizione defilata rispetto alle dinamiche politiche interne. Se in un primo momento, ancora prima della vittoria di Renzi alle primarie, diversi retroscena avevano parlato di una sua simpatia per l’ex sindaco di Firenze, poi i rapporti tra i due sono diventati sempre più difficili fino a rasentare il gelo.

Oggi la decisione di annunciare il suo appoggio alle riforme del governo Renzi: “Profonde sono le ragioni che mi hanno fino ad ora consigliato di non rendere esplicito il mio voto sul referendum. Sono ormai molti anni che non prendo posizione su temi riguardanti in modo specifico la politica italiana e, ancora meno, l’ho fatto negli ultimi tempi. Questa scelta mi ha di conseguenza coerentemente tenuto lontano dal prendere posizione in un dibattito che ha, fin dall’inizio, abbandonato il tema fondamentale, ossia una modesta riforma costituzionale, per trasformarsi in una sfida pro o contro il governo“.

La notizia è stata accolta con entusiasmo dai renziani che affrontano l’ultima settimana di campagna elettorale con l’affanno di sondaggi non troppo favorevoli. “E’ una cosa che ci riempie di gioia”, ha commentato su Twitter il senatore Andrea Marcucci. “Le due più rilevanti esperienze di governo del centrosinistra insieme per cambiare l’Italia”. Polemico invece il capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta che ha detto: “Un motivo in più per votare No”.

Il Sì, dice il sottosegretario agli Affari Europei Sandro Gozi, “prodiano” di governo, è “coerente con la sua storia personale e politica, un Sì dell’Ulivo”. Delusi tutti gli altri esponenti più in vista della sinistra che sostengono il No. Massimo D’Alema decide di non commentare: “Non ho motivo di polemizzare con lui. Dovete chiederlo a lui”. Pierluigi Bersani dice che non gli “sembra un Sì entusiasta”. “Io rispetto Prodi – ha proseguito l’ex segretario partecipando a un’iniziativa dell’Arci a Roma – ma io non voglio succhiare l’osso, non mi turo il naso e soprattutto non lascio il No alla destra”. Pippo Civati, deputato di Possibile, chiarisce che “noi non succhiamo l’osso né il bastone. Noi ragioniamo su come restituire lo scettro ai cittadini, questa riforma lo sottrae. Prodi non è entusiasta della riforma, che definisce modesta, che difetta in chiarezza e in profondità, e vota sì. Noi per le stesse ragioni votiamo no”. Arturo Scotto, capogruppo di Sinistra Italiana alla Camera, esprime “rispetto per il voto di Romano Prodi. Ma tanti elettori dell’Ulivo si schiereranno per il No, perché questa riforma sottrae potere ai cittadini e rompe con il principio sancito dalla carta fondativa del Pd secondo cui non si cambiano le Costituzioni a maggioranza”.

Il voto di Prodi non è una sorpresa per Luigi Di Maio (M5s): “Sarebbe stata una notizia se avesse votato No. Ne prendiamo atto. A me inquieta molto di più il sì di Schaeuble di ieri, che dimostra che, con questa riforma, ci venderemo mani e piedi alla Germania e agli interessi economici di quel Paese e, quindi, è un’altra ragione per votare “no””.