Laura Taroni, l'infermiera accusata di omicidio insieme all'anestesista Leonardo Cazzaniga, il 25 giugno del 2015, parlava così con il suo amante. Quando ormai il marito, Massimo Guerra, era morto "avvelenato" secondo la procura di Busto Arsizio, e quattro pazienti dell'ospedale di Saronno erano stati "terminati" con il "clamoroso" sovradosaggio di farmaci che applicava lui
“Io ogni tanto ho questa voglia di… di uccidere qualcuno… ne ho bisogno…“. Laura Taroni, l’infermiera accusata di omicidio insieme all’anestesista Leonardo Cazzaniga, il 25 giugno del 2015, parlava così con il suo amante. Quando ormai il marito, Massimo Guerra, era morto “avvelenato” (giugno) secondo la procura di Busto Arsizio, e quattro pazienti dell’ospedale di Saronno erano stati “terminati” con il “clamoroso” sovradosaggio di farmaci che applicava lui.
Una intercettazione tra l’uomo che si dichiarava “Dio” o “angelo della morte” e la donna che fa temere agli inquirenti che i casi di morte in corsia possano essere molti di più di contestati e anche molti di più di quelli sottoposti ai consulenti del pm che hanno certificato il “nesso” tra il cocktail di medicine e la morte dei pazienti. La conversazione è a tratti incomprensibile, ma lui le domanda: “… tu ne hai parlato con la psichiatra?” e lei risponde: “Sì, ma di me ha detto però non lo fa”. “Sì” replica lui e ancora lei: “Ho capì, cioè”. “Ma lei non sa che l’hai fatto” chiosa Cazzaniga.
Anche per questo il gip ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare: “… poiché verosimile è il pericolo che essi commettano altri reati della stesse specie di quelli commessi anche con l’uso di strumenti di violenza personale, da intendersi nello specifico l’adozione delle medesime metodologie venefiche già sperimentate sia in sede ospedaliera che nell’ambito familiare”. Per entrambi osserva il giudice “l’evidente e consolidato convincimento riguardante l’evento morte come strumento risolutivo di sofferenze e di problemi personali di difficile soluzione, verosimilmente potrebbe determinare entrambi a nuove manifestazioni delittuose di identica natura“.
Il giudice quindi riporta una intercettazione integrale “che appare umanamente di deprimente lettura” tra la donna e i suoi due figli, ora affidati a una comunità. In questa lunga conversazione si parla di uccidere parenti (“ma poi la nonna Maria la facciamo fuori“), di armi da usare come la “katana”, ma più di tutto si dice che “bisogna essere furbi e commettere l’omicidio perfetto: quello farmacologico, che permette di uccidere senza lasciare traccia“. Laura Taroni parla e dice anche è necessario eliminare i corpi per non lasciare tracce dei farmaci e che, per nono destare sospetti, è più facile uccidere con i farmaci chi è già malato. Questa conversazione poi l’infermiera la riferirà a Cazzaniga: “Oggi mentre venivano giù da te io e F. abbiamo parlato di omicidi”.