Alle 16 si fermano le operazioni di voto e parte la macchina che porterà i plichi in Italia per lo scrutinio su cui potrebbe giocarsi l’esito dell’intero referendum, come ha ammesso in ultimo lo stesso Renzi. Promotori del "no" in allerta per il rischio brogli. Al consolato generale di La Plata il caso delle schede abbandonate a terra oltre il cancello. Farnesina: "Solo un disguido, saranno trasmesse insieme alle altre"
La cancellata di ferro chiusa, una trentina di buste contenenti schede elettorali letteralmente a terra. Incustodite, per tutta la notte. Per diverse notti. Ma che – assicurano dalla Farnesina – prenderanno comunque il volo per l’Italia, salvo quelle spazzate via dal vento, s’intende. Oggi alle 16 terminano le operazioni di voto all’estero su cui potrebbe giocarsi l’esito dell’intero referendum, come ha ammesso lo stesso Matteo Renzi, a meno di 72 ore dal voto in Italia: “Con il voto estero si può vincere, quel 3% cambia tutto”. La sua speranza, dunque, viaggia a mezzo posta. Per i promotori del “No” viaggia anche il timore di irregolarità. E proprio all’ultimo dall’Argentina, già patria di brogli nelle elezioni politiche, arriva un altro caso curioso: le schede gettate oltre il cancello.
La foto sta diventando virale, ma non è una bufala: si tratta proprio della cancellata del Consolato di La Plata dove 70mila elettori residenti erano chiamati a esprimere il voto sulla riforma. Lo scatto risale a due giorni fa e certifica, se mai ce ne fosse bisogno, che il voto all’estero è una mina sulla regolarità della consultazione e che il Sud America – come sempre – riesce a fornire il materiale più esplosivo. Sulle prime sembra uno scherzo, forse uno sfregio. Poi è il Consolato a confermare che il personale che apre gli uffici in via Calle 48 si è ritrovato tra i piedi dalle venti alle cinquanta schede lasciate lì da non si sa chi, non si sa come.
Di sicuro qualcuno che ha ritenuto preferibile consegnarle a mano piuttosto che affidarsi all’incerto servizio di posta argentino. Non a caso il Consolato predispone, senza alcun obbligo, un’apposita cassetta, denominata “buzón”, che resta a disposizione dei connazionali durante gli orari di apertura degli uffici. Una volta chiusi i cancelli viene ritirata “per assicurare l’integrità del materiale da trasmettere in Italia”, precisano dalla sede diplomatica, non lasciando però alcun avviso ma solo il cancello a inghiottire le schede, come è accaduto a più riprese. Solo un disguido, forse.
Qualche dipendente dubita però che zelanti italiani all’estero si siano recati di sera, in processione, nella zona consolare – che non è centrale e non gode di buona fama – per lasciare ognuno la propria busta. “Più verosimile che qualcuno si sia adoperato per fare incetta di schede di giorno e poi portarle lì quando non veniva notato”, suggerisce uno che di voti col trucco in Argentina ne sa parecchio. E’ Antonio Bruzzese, ex sindacalista e presidente dell’associazione “Insieme Argentina”. Fu tra i reclutatori di voti all’estero per la lista di Romano Prodi. “Ho portato a casa 7 deputati e 4 senatori quando i senatori erano sei e Prodi si reggeva per due soltanto”, rivendica ancora con orgoglio. Merito di una ventennale attività all’Inca-Cgil di Buenos Aires dalla quale sarà cacciato dopo aver pubblicamente denunciato i meccanismi fraudolenti di finanziamento pubblico dei patronati all’estero (da cui partirà un’inchiesta parlamentare).
Sia nel 2006 che nel 2008 Bruzzese denunciò brogli nel voto dall’America Latina: schede con colore a grammatura diversi dagli originali, schede votate in serie con un timbro o schede del tutto sprovviste di elementi che ne attestassero l’autenticità. “Anche il numero di quelle ricevute e scrutinate non coincideva con quello delle schede inviate da ciascun consolato”. Anche stavolta, dunque, non abbassa la guardia. “Quella foto dimostra che ho ragione di temere”, dice. Così prende carta e penna e scrive a Luigi di Maio e ai Cinque Stelle una specie di minidecalogo per stanare le irregolarità. Suggerisce, tra le altre cose, di mobilitare “decine di controllori” ai seggi sparsi per il mondo. A partire dall’Argentina che “ancora una volta si dimostra una zona franca per chi volesse alterare il voto”.
E quelle schede buttate lì? “Dicono molte cose. Da una parte è il segno che la gente non si fida più del sistema di postalizzazione. Da quanto so l’Ambasciata a Buenos Aires ha pagato in anticipo – quindi non a lavoro effettuato – un vettore privato per la consegna di tutte le schede agli aventi diritto. Essendo un profondo conoscitore della situazione argentina, dico che, se ne arriverà il 30% a destinazione, sarà già una grande fortuna”. E le altre? “Se così fosse si tratterebbe di una decisione “irresponsabile” assunta dalla nostra rappresentanza, che escluderebbe un terzo degli aventi diritto dal voto”.
Dalla Farnesina, nel frattempo, precisano che le schede pervenute in quel modo, anche se esposte alle intemperie, saranno comunque trasmesse al centro di Castelnuovo di Porto, 30 km da Roma, dove il Viminale ha allestito la sala per raccogliere e scrutinare i plichi pervenuti dall’estero. E che dopo vari episodi di “raccolta differenziata” delle schede, ammassate a terra, è stato esposto un apposito avviso che invita a lasciarle solo negli orari di apertura della sede. Oggi quel cartello, forse tardivo, potrà essere rimosso.