Cade anche l'ultima istanza dell'associazione dei consumatori. La Suprema Corte: "Il decreto di indizione del presidente della Repubblica non è soggetto a sindacato giurisdizionale. E comunque non si ravvisano profili di incostituzionalità"
La Cassazione ha dichiarato “il difetto assoluto di giurisdizione” per quanto riguarda il decreto con il quale il presidente della Repubblica, lo scorso 27 settembre, ha indetto il referendum sulla riforma costituzionale. La Corte condivide quanto già stabilito dal Tar del Lazio che ha ritenuto l’atto di indizione non soggetto a “sindacato giurisdizionale” perché non è un “atto amministrativo”. Il ricorso sul regolamento preventivo di giurisdizione era stato presentato dal Codacons. E’ l’ennesima istanza presentata sul referendum, l’ennesima respinta dalla magistratura a tutti i livelli e da tutti gli ordini: dal Tar del Lazio al tribunale ordinario di Milano, dalla Cassazione alla Corte costituzionale. In tutti i casi i vari ricorrenti (M5s, Sinistra Italiana, Codacons e anche l’ex presidente della Consulta Valerio Onida in cause diverse) hanno sollevato questioni che la magistratura non ha accolto.
Nell’indizione, da parte del presidente della Repubblica, del referendum di revisione costituzionale la Cassazione con un’ordinanza sottolinea che “non si ravvisa alcuno dei profili di incostituzionalità ventilati” dal Codacons “in relazione alla non impugnabilità per questa via del provvedimento che indice il referendum”. La Suprema Corte ha anche aggiunto che non appare neppure “ipotizzabile alcuna lesione dei principi che regolano, nella dimensione del diritto europeo, i principi dell’equo processo e del diritto ad un ricorso effettivo”.