Il governo potrà venire a sapere delle indagini sui politici anche nella fase in cui dovrebbero essere segrete. In virtù di una norma, passata inosservata l’estate scorsa, che sta creando preoccupazione anche nella magistratura. Ne scrive oggi il Corriere della Sera. Tutto nasce dall’articolo 18 del decreto legislativo n. 177 del 19 agosto 2016 che impone l’assorbimento del Corpo forestale dello Stato nell’Arma dei carabinieri. Al quinto comma prevede che, entro sei mesi dall’approvazione della legge, “al fine di rafforzare gli interventi di razionalizzazione volti ad evitare duplicazioni e sovrapposizioni, anche mediante un efficace e omogeneo coordinamento informativo, il capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza e i vertici delle altre Forze di polizia adottano apposite istruzioni attraverso cui i responsabili di ciascun presidio di polizia interessato, trasmettono alla propria scala gerarchica le notizie relative all’inoltro delle informative di reato all’autorità giudiziaria, indipendentemente dagli obblighi prescritti dalle norme del codice di procedura penale”.
L’informativa di reato è il primo atto scritto in cui uno o più membri delle forze dell’ordine riassumono i risultati di un’inchiesta, in quel momento coperta da segreto, per trasmetterli alla magistratura, alla Procura di competenza. Il “coordinamento” di cui parla i testo, necessario per evitare doppioni e sovrapposizioni, finora spettava proprio ai magistrati inquirenti. Con la nuova norma, invece, l’informativa dovrà risalire le scale gerarchiche di Polizia, carabinieri, Guardia di finanza, sottolinea il Corriere. E chi sta all’ultimo gradino di quelle gerarchie? I rispettivi ministeri di competenza: Interno, Difesa ed Economia. Così, per esempio, un’inchiesta per corruzione o per mafia, o qualunque indagine che possa mettere in imbarazzo un ministro, un parlamentare, un amministratore locale, potrà arrivare sul tavolo della politica prima che sia resa nota all’interessato, e al pubblico, con un provvedimento della magistratura, che potrebbe arrivare anche parecchi mesi dopo.
Una normativa simile toccava già i carabinieri, che sono già sottoposti al Testo unico dell’ordinamento militare del 2010. Ora tocca a tutti gli altri. Ed è sempre il quotidiano milanese a dar conto di una circolare diramata l’8 ottobre dal capo della polizia Franco Gabrielli, che conferma il dettato della norma e aggiunge che i superiori gerarchici devono essere informati anche degli ulteriori sviluppi “rilevanti” dell’inchiesta, “fino alla fine delle indagini preliminari”. Ma precisa che nel farlo è necessario “preservare il buon esito delle indagini in corso”, e quindi le comunicazioni dovranno essere selezionate in modo “graduale” e al solo scopo di “garantire un adeguato coordinamento informativo”.
A dar voce alle preoccupazioni della magistratura pensa, sempre sul Corriere, il procuratore capo di Torino Armando Spataro, toga di lungo corso che in passato di indagini delicate ne ha coordinate tante, dal terrorismo alla mafia al sequestro di Abu Omar che – tanto per dire – andava a toccare i vertici dei servizi segreti italiani e la Cia. Spataro parla di una “norma a dir poco sorprendente”, parla di “profili di incostituzionalità“, ma soprattutto di un “contrasto con alcune norme del codice di procedura penale che attribuiscono al pm il ruolo di dominus esclusivo dell’indagine”. E aggiunge: “Così il segreto investigativo diventa carta straccia“. Un ulteriore passo della “generale tendenza a spostare ogni attività verso l’esecutivo, persino la guida della polizia giudiziaria”. Con una norma, conclude, che tra l’altro non prevede “alcun divieto” per le gerarchie delle forze dell’ordine “di riferire all’autorità politica”.