Spesso sono state le mobilitazioni dei cittadini a mettere in dubbio opere definite strategiche, imposte dall’alto, inutili e con forte impatto nocivo sulla salute e sull’ambiente. Inceneritori, ponti, autostrade, trafori, centrali a carbone… Grandi opere che portano nuovo cemento su un suolo già consumato, che portano nuova devastazione in un paesaggio già inquinato.
Fino a ora spettava a comuni, alle città metropolitane e alle regioni dire l’ultima sulle grandi (e dannose) opere. Con la riforma costituzionale il potere decisionale in merito alle grandi opere e alle infrastrutture energetiche diventerà esclusivamente dello Stato centrale. Non sono un’esperta costituzionalista, non sono una giurista, ma condivido il timore delle mamme “non inceneritore” di Firenze, e di tante associazioni ambientaliste.
La riforma dell’art. 117della Costituzione, prevede un accentramento di poteri in merito a diverse materie, fra cui infrastrutture strategiche (ad alto impatto ambientale) e tutela dell’ambiente. Attraverso la “clausola di supremazia”il potere centrale può imporre alle comunità locali qualsiasi tipo di decisione in nome di un non meglio precisato “interesse nazionale”.
Interesse nazionale o interesse di palazzinari, cementificatori, petrolieri? Spesso e volentieri gli interessi dei secondi hanno soppiantato l’interesse di tutti, dandosi l’improprio nome di interesse nazionale. Finora ci hanno fatto credere che la tutela dell’ambiente sia tutela di parte, individualismo e egoismo, sia un gretto Nimby (not in my backyard).
Eppure la tutela dell’ambiente è tutela di tutti, è democrazia, è lungimiranza. Il vero interesse nazionale è la tutela del territorio, dell’aria e dell’acqua, la tutela della salute delle attuali e future generazioni. Lo Stato (governato dalla destra o dalla sinistra) si è sempre mostrato poco lungimirante, pensando spesso al qui ed ora, ai gretti (questi sì) interessi economici ed energetici, impegnandosi a bruciare i rifiuti, a trivellare terre e mari, a cementificare suoli fertili.
Pazienza per la CO2 nell’aria, ci penseranno tra 50 anni. Pazienza per il suolo cementificato e mai più fertile, ci penseranno tra 50 anni. Pazienza per la diossina nei corpi dei nostri figli, ci penseranno tra 50 anni. Per ora pensiamo a far alzare il Pil, per ora pensiamo ad accontentare petrolieri, palazzinari e gestori di inceneritori. Per ora pensiamo a modificare la Costituzione.
A Renzi non è andato giù che lo Sbloccaitalia sia stato sanzionato dalla Corte costituzionale, nella parte che non prevedeva il coinvolgimento delle Regioni (nel caso specifico della Puglia). Se la Costituzione fosse stata modificata, nessuna Corte Costituzionale lo avrebbe bacchettato.
Nel mese di ottobre è uscita la notizia che il Consiglio dei Ministri ha stabilito che sorgeranno otto nuovi inceneritori da realizzare in Italia per un fabbisogno impiantistico nazionale di oltre 1,8 milioni di tonnellate all’anno di rifiuti urbani o assimilabili. In assoluta contrapposizione alla lungimirante strategia Rifiuti Zero che sta prendendo piede in tutto il mondo e che è sempre più avvallata dagli scienziati.
Due sono previste nel Lazio e i luoghi saranno scelti dopo il referendum. Eppure, come sancito dal piano gestione rifiuti presentato dalla regione pochi mesi fa, in Lazio non c’è bisogno di nessun nuovo inceneritore. Si pone dunque una contrapposizione: da un lato i programmi della regione, dall’altro la decisione del Consiglio dei Ministri.
Chi avrà l’ultima parola? Se vincesse il Sì, l’ultima parola sarà detta dallo Stato. C’è quindi il rischio che l’ex centrale Enel di Montalto di Castro e Pescia Romana, si trasformi in un termovalorizzatore. Non si vota Sì o No a Renzi, ma Sì o No a una politica che toglie il diritto ai cittadini di tutelare l’ambiente.