Dopo l'appello del presidente la Borsa di Istanbul ha annunciato la decisione di convertire tutte le sue attività liquide in valuta locale, che dall'inizio dell'anno ha perso il 17% nei confronti del dollaro. Gli introiti da turismo sono crollati e l'accordo raggiunto dall'Opec sul taglio della produzione di petrolio farà salire il conto delle importazioni
Il Sultano chiede “l’oro per la patria”. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha rivolto un appello alla popolazione e alle istituzioni del Paese chiedendo di sostenere la moneta locale, che dall’inizio dell’anno si è svalutata del 17% rispetto al dollaro. “Quelli che continuano a tenere valuta straniera sotto al materasso – ha detto venerdì 3 dicembre – dovrebbero tirarla fuori e convertirla in lire o oro“. Risultato: a stretto giro la Borsa di Istanbul ha annunciato la decisione di convertire in lire turche tutte le sue attività liquide. La mossa, però, non è bastata per far invertire la rotta alla valuta di Ankara, che ha recuperato solo pochi centesimi rispetto al valore di 3,5 lire per dollaro toccato giovedì. Anche l’aumento dei tassi di interesse deciso la scorsa settimana dalla Banca centrale non ha avuto i risultati sperati.
L’accordo sul taglio della produzione di petrolio raggiunto due giorni fa dai Paesi Opec sta mettendo ulteriore pressione sulla valuta perché il conseguente aumento del prezzo del barile si farà sentire sul conto finale delle importazioni. Il governo, quindi, è a caccia di nuove entrate. Non a caso, sempre venerdì, Hurriyet ha dato notizia che sono state aumentate le tasse su alcool e tabacchi. L’imposta speciale sulle bevande alcoliche, escluso il vino, sarà del 10%, provocando una crescita stimata dei prezzi al consumo tra il 3 e il 4%. Il costo del tabacco dovrebbe salire in media del 5-6%. Da questa revisione delle imposte, ha detto il ministro delle Finanza Naci Agbal, Ankara calcola entrate aggiuntive per 3,2 miliardi di lire turche (circa 860 milioni di euro).