Diritti

Giornata della disabilità 2016, è possibile un gemellaggio con i migranti?

In occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità, che inciampa e poi cade proprio oggi, ho deciso di dedicare questo pezzo ai… migranti. Vi ho colto di sorpresa? D’altronde parlare sempre e solo di esemplari di disabile risulterebbe alquanto banale, e siccome “cerco l’originalità tutto l’anno e all’improvviso eccola qua” tratteremo questo argomento. Ma state sereni, sto un po’ bluffando perché diciamocelo: “Che mondo sarebbe senza disabili?”.

Sfrutto l’occasione che questa giornata offre per lanciare uno straordinario quanto stravagante gemellaggio, quello tra disabili e migranti. L’idea di questa fratellanza nasce dal fatto che entrambi siamo tra gli ultimi, anche se noi sofferenti grazie alla lobby disabile abbiamo potuto scalare questa singolare classifica: ora siamo considerati il Chievo della società, in quanto riusciamo a raggiungere una tranquilla salvezza. Attualmente siamo posizionati davanti agli omosessuali, la cui collocazione un poco mi preoccupa; mentre i migranti sono molto attardati, poiché privi di qualsivoglia lobby: siete proprio disorganizzati, lasciatevelo dire.

Codesto gemellaggio nasce anche allo scopo di scuotere, nel vero senso della parola, alcuni miei connazionali francesini – battenti cioè bandiera distrofia di Duchenne -, che all’indomani dei naufragi di migranti postano sui social network umani commenti, quali: “Bandiere a mezz’asta per i dispersi in mare? Bisognerebbe organizzare una festa! Speriamo ne muoiano altri, così magari stanno a casa loro” o a un semplice quanto atroce “-214“.

Leggere commenti di tale tenore ha lo straordinario potere di farmi imbestialire al punto da diventare verde quanto l’incredibile Hulk, poiché il collega di sofferenza non ha capito una beata fava di niente sulla francesina. Probabilmente molti di voi non ne sono a conoscenza, ma dovete sapere che la transalpina è professoressa ordinaria di “Elementi di vita” all’università “Dalla sofferenza si deve pur imparare qualcosa”, e la prima lezione che impartisce è sempre quella sull’empatia: “Essere empatici non è altro che mettersi nei panni dell’altro, per meglio comprenderlo”, suole ripetere, “e voi francesini dovete esserlo necessariamente, anche perché se gli altri non lo sono con voi, siete spacciati”, e a furia di sentirlo dire si impara!

Tabula rasa anche rispetto alla lezione successiva, quella in cui la professoressa Duchenne si sofferma su quanto l’indipendenza di un distro-fico dipenda imprescindibilmente da altre persone. In sostanza, senza l’aiuto altrui, non sarà neanche possibile l’indipendenza mentale: l’unica a cui un francesino possa realmente aspirare. “Se nessuno vi tende la mano – spiega sempre la prof -, ricordate che non potrete né vivere (come farete a mangiare se nessuno vi fa l’aeroplano per imboccarvi?) né realizzarvi come individui (come farete a studiare o a uscire di casa se nessuno vi aiuta?)”.

Guarda caso è proprio quello che succede agli amici migranti quando intendono raggiungere l’Europa: senza l’aiuto altrui, e a maggior ragione di chi vive in condizioni più favorevoli, morirebbero o continuerebbero a patire le pene dell’inferno, pene che neanche il buon Dante potrebbe immaginare. Francesino rifletti: quando hai bisogno di aiuto cosa fai? Chiedi e speri che qualcuno ti aiuti. E se trovassi uno come te, che ti comunicasse quanto segue: ma non potevi restare a casa tua? Arridaje con questa casa.

Ed ecco tornati all’empatia di cui sopra: noi francesini per primi (e per una volta siamo in testa) dovremmo capire che se i nostri gemellati “non stanno a casa loro” è perché un ottimo motivo ce l’hanno, certo quisquilie come guerre civili, terribili dittature, persecuzioni religiose, politiche e sessuali, infine la povertà. Tradotto: la necessità di una vita che si possa definire tale, una vita migliore. Che è semplicemente ciò a cui tendiamo anche noi: una vita meno diversamente vita possibile.

Vogliamo essere più liberi e indipendenti, per l’appunto; vogliamo la comprensione – non la compassione -, perché quando manca giustamente diventiamo un’emoticon imbufalita: per esempio dinnanzi al parcheggio riservato e occupato dai veramente strafottenti. Insomma nessuno vuole essere diversamente persona, ma vogliamo vivere al meglio delle nostre possibilità: quindi francesino insensibile non puoi usare gambe e fiato, ma il cervello sì. Fallo funzionare.

E non finisce qui…