Periodo di Natale, periodo di buone azioni. E anche onlus e organizzazioni non profit sperano di trovare una sorpresa sotto l’albero. Magari qualche donazione in più del solito, che sia in denaro o in beni non importa. E chi la fa può recuperare una parte di quanto regalato grazie a un risparmio sulle tasse. Ma quanto? “Ci sono almeno trenta previsioni normative sulle agevolazioni fiscali per chi effettua un’erogazione liberale – spiega Carlo Mazzini, consulente sulla legislazione e sulla fiscalità degli enti non profit e curatore del sito Quinonprofit -. Spesso sono le stesse organizzazioni e associazioni a essere in difficoltà nel dare le giuste indicazioni ai potenziali donatori”. Una guida utile per barcamenarsi, curata dallo stesso Mazzini, è il libretto “Saper ricevere” (qui il link per scaricarlo gratuitamente), dove si dà conto delle diverse casistiche esistenti, a seconda del soggetto a cui la donazione è destinata e a seconda che il donatore sia una persona o un’azienda. Un riordino del sistema delle agevolazioni è atteso dall’attuazione della riforma del terzo settore, che tra le altre cose metterà mano anche alle norme fiscali valide per gli enti non profit. Ma tra un ritardo e l’altro, per i decreti legislativi del governo bisognerà attendere ancora qualche mese. In attesa dell’annunciata semplificazione, ecco le regole principali in vigore al memento.
Oggi dono. Domani detraggo o deduco? – Se a ricevere i soldi è una onlus (incluse le organizzazioni di volontariato), in generale chi dona si trova davanti a due strade. Detrarre dalle imposte, e quindi sottrarre a quanto dovuto al fisco, il 26% della somma versata, fino a una donazione massima di 30mila euro. Oppure puntare su una deduzione, in base alla legge “+dai, -versi” (n. 80 del 2005): ovvero diminuire il reddito su cui si pagano le imposte di una somma pari alla donazione effettuata. Anche in questo caso c’è un limite, pari al 10% del reddito del donatore e fino a un massimo di 70mila euro. Prendiamo per esempio una persona con un reddito di 50mila euro che faccia un’erogazione di 1.000 euro: nel caso utilizzi lo strumento della detrazione può recuperare 260 euro grazie al risparmio che avrà sulle imposte, mentre nel caso utilizzi la deduzione ne recupererà 380, visto che il suo reddito raggiunge lo scaglione tassato con un’aliquota Irpef del 38%. A meno che il reddito del donatore non sia inferiore ai 15mila euro annui, l’agevolazione fiscale del “+ dai, – versi” è sempre più conveniente. Ma occhio. Perché può essere applicata solo per le donazioni verso organizzazioni che tengono una contabilità con partita doppia, redigendo un vero e proprio bilancio. Se invece la onlus è una piccola organizzazione di volontariato che redige solo un rendiconto di cassa, a disposizione del donatore c’è solo lo strumento della detrazione.
Tra le modalità con cui si possono effettuare donazioni, una menzione lo merita il payroll giving, attraverso il quale una somma viene trattenuta direttamente dalla busta paga del lavoratore-donatore. Che poi avrà diritto alle solite detrazioni o deduzioni.
Se a donare è un’azienda – Se l’erogazione liberale a una onlus arriva da un’azienda, questa può dedurre la somma versata, ovvero considerarla un costo e diminuire di conseguenza l’utile su cui si pagano le imposte. Anche per le aziende c’è un limite alla deduzione ammissibile: il valore maggiore tra il 2% del reddito d’impresa e 30mila euro se la donazione è verso un’organizzazione senza contabilità con partita doppia, limite che può salire al 10% del reddito (fino a un massimo di 70mila euro) se l’organizzazione redige un bilancio.
Non solo onlus – Le donazioni danno diritto ad agevolazioni fiscali non solo quando sono effettuate verso onlus. Ma anche quando il soggetto che riceve il denaro è una organizzazione non iscritta all’anagrafe delle onlus, oppure un’associazione di promozione sociale, una società sportiva dilettantistica, un ente ecclesiastico, un’associazione culturale o una fondazione di ricerca scientifica. In questi casi la percentuale che si può portare in detrazione e i limiti per la detrazione o per la deduzione variano da caso a caso.
Anziché soldi, l’azienda dona personale – Un’azienda può “donare” a una onlus anche un proprio dipendente assunto a tempo indeterminato. Un’opportunità poco usata, e poco conosciuta, che per il periodo in cui il lavoratore è in forza alla onlus, consente all’azienda di dedurre il suo costo. Per esempio, se il dipendente ha un costo aziendale di 40mila euro all’anno e viene prestato alla onlus per sei mesi, l’azienda iscriverà a bilancio per quel lavoratore un costo di 60mila euro (i soliti 40mila euro più 20mila che vanno in deduzione e che, in sostanza, raddoppiano nei sei mesi il costo del dipendente contabilizzato dall’azienda). Anche in questo caso c’è un limite: la deduzione può essere al massimo pari al 5 per mille dell’ammontare complessivo delle spese per le prestazioni dei lavoratori dipendenti.
Donazioni di beni in natura – Nel caso in cui un’azienda doni beni in natura, come derrate alimentari o prodotti farmaceutici, può dedurre a bilancio i costi sostenuti per tali prodotti. Una volta donati, inoltre, tali beni si considerano distrutti ai fini Iva, e cioè l’azienda cedente ha il diritto di detrarre la relativa imposta sul valore aggiunto. Sulla donazione di farmaci e cibi vicini alla data di scadenza alcune novità sono state introdotte di recente dalla legge 166 del 2016 contro lo spreco alimentare (ma riguarda anche le medicine) pubblicata in Gazzetta ufficiale lo scorso agosto. La norma ha ampliato sia il bacino dei soggetti interessati da queste donazioni, sia le tipologie di prodotti da donare. E ha introdotto alcune semplificazioni di carattere burocratico, oltre che la facoltà per i comuni di concedere sconti sulla Tari a quei soggetti che, proprio grazie a queste donazioni, producono meno rifiuti.
Per i mecenati? C’è l’Art bonus – E veniamo agli amanti dell’arte. Per loro nel 2014 è stato introdotto l’art bonus, un’agevolazione fiscale per chi effettui erogazioni liberali a favore di musei, teatri, beni architettonici pubblici che necessitino di manutenzione e restauro. In questo caso la donazione dà diritto a un credito d’imposta pari al 65% della somma versata, da dividere su tre anni.
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