(foto di Garra - Potì)

(foto di Garra – Potì)

Sfida, esperimento, fuga in avanti, ricerca del limite, poesia visionaria, apertura sinestetica, pazza idea, scalata, immersione. Poco importa dare definizioni, resta il fatto che invitare un cieco a praticare la fotografia è già dirompente al solo dirlo.
Ma l’ossimoro, la contraddizione in termini, l’impossibilità, si dimostrano presto solo apparenti.
Chi non ci crede, vada a scoprire – esempio eclatante ma non unico – cosa produce Evgen Bavčar, il fotografo non vedente forse più celebre al mondo.

Su questa lunghezza d’onda legata alla sensibilità (parola che accomuna l’uso dei sensi e la capacità del materiale fotografico di reagire alla luce) come “chiave operativa”, è nata l’dea di affidare a sei non vedenti il compito di usare la macchina fotografica (e dunque la luce!) per materializzare le proprie visioni. Già, perché un cieco non ha vista ma quanto a visioni non lo batte nessuno. Dunque si tratta di trasferirle in “vista degli altri e per gli altri”, ed ecco il titolo “Con i tuoi occhi” con cui Officine della Fotografia di Lecce ha lanciato il sasso nello stagno. E che onda, visti i risultati!
Ognuno dei sei autori è stato affiancato a un fotografo vedente che, senza scattare, l’ha aiutato a concepire e concretizzare un preciso percorso dell’immaginazione che diventa immagine.

La mostra, con tutte le foto dei sei autori e alcuni testi introduttivi, è visibile dal 3 all’11 dicembre presso la Galleria Franco Foresta a Lecce.
Qui di seguito riporto una parte del commento che ho scritto per l’occasione, onorato di essere stato chiamato nel ruolo di commissario dagli organizzatori:

Uno dei tanti paradossi che appartengono alla fotografia è la sua capacità di potenza pur essendo così lontana dalla sinestesia, ossia dalla capacità di attivare e stimolare tutti i cinque sensi. Il senso bersaglio di una foto è la vista, mentre gli altri, nei rari casi in cui una foto “funziona” davvero, possono nella migliore delle ipotesi essere solo evocati. Sotto questo profilo molto meglio se la cava un piatto preparato da un ottimo chef: appena in tavola ne percepiamo il profumo, ne vediamo i colori e le decorazioni, il tintinnio delle posate è musica mentre il tatto avverte la differenza tra metallo, vetro, tessuto; e infine, apoteosi, il trionfo del palato. Cinque sensi coinvolti, sinestesia totale. Chi ha provato a masticare una stampa fotografica non ne è rimasto sedotto, per non parlare del sapore di fissaggio.

Ma poi qualcuno, sempre dentro i meravigliosi paradossi fotografici, pensa di chiedere a sei non vedenti… di vedere. E di farlo “con i tuoi occhi”. Occhi di chi si fa organo sensoriale per dare visione a visioni altre, quelle interiori, quelle dei sogni, quelle dei ricordi.
E per magia – qui qualcosa di “magico” c’è davvero – la fotografia si mette in  marcia verso quella sinestesia che quasi sempre le manca. Gli altri sensi partecipano, aiutano, anzi sono proprio loro a rendere possibile la fotografia. E la fotografia chiama a sé Annamaria, Daniele, Gigi, Massimo, Salvatore, Tony.
Uno di loro, emozionato, dice a un certo punto: “Non credevo si sarebbe avverato mai e adesso invece sto proprio toccando una mia fotografia!”. Finalmente, inaspettatamente, improvvisamente, diventa importante anche toccarla, una fotografia.
Evgen Bavčar, il più noto fotografo cieco al mondo, afferma: “L’occhio è un organo della distanza, mentre noi ciechi siamo sempre in relazione assoluta con l’oggetto della percezione”. […]

Proprio così: la fotografia che noi vedenti prendiamo, anzi riceviamo, è in rapporto relativo con la realtà, mentre chi non vede percepisce la stessa realtà in modo più profondo e diretto, come un vento, con tutti i sensi all’unisono. In relazione assoluta, appunto.
Allora prestiamo umilmente i nostri occhi, ma cerchiamo di essere visionari prima ancora che vedenti. E forse, finalmente, sentiremo anche noi il profumo della luce.

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