Appunti sparsi dopo la sbornia di risultati e percentuali. Un dato mi è chiaro più di tutti, ed è questo: quando la politica perde il contatto con la realtà, quella vera e non quella che i leader vogliono adattare alla loro propaganda, perde clamorosamente. Prendiamo il terremoto del 24 agosto. Tutto bello, tutto pronto, via le tende, arrivano le casette. Poi arrivano le scosse del 30 ottobre e ci si accorge che aver portato via le tende per motivi esclusivamente propagandistici è stata una scelta sciagurata. E allora si fa la scelta dei container. Male e in fretta. Nuova gara d’appalto e moduli-dormitorio che non piacciono a nessuno. Arriveranno a Natale? Non si sa.
Nel frattempo i terremotati di Amatrice, Norcia, Visso e degli altri comuni colpiti sono stati usati come figurine di una propaganda becera e irrispettosa dei loro bisogni. Tra le tendopoli, i campi autorganizzati, la fila alle mense collettive per un piatto di pasta, i paesi ridotti in macerie non c’è stato tempo per i comizi, la gente si è guardata intorno, ha confrontato la realtà con le parole della propaganda e ha scelto. Amatrice, No al 65,96%. Castel Sant’Angelo, No al 64. Muccia, 57. Visso, 61. Il segnale lanciato dal popolo dei terremotati è chiaro. Ora si torni alla serietà degli interventi. Senza l’offensiva propaganda degli annunci buoni per le trasmissioni tv.
Lampedusa, isola degli sbarchi continui. No al 78,42%. Qui la gente è abituata da anni a fare i conti con la dura realtà. Quella rappresentata all’ultima Leopolda dal dottor Pietro Bartolo, un grande medico, un grandissimo uomo. L’avessero ascoltato un po’ di più e non usato solo come testimonial di un rinnovamento farlocco, sarebbe stato meglio per tutti. No quasi all’80% a Rosarno, che isola non è, ma luogo dove i disperati diventano sfruttati, “esercito industriale di riserva” (per dirla col vecchio Carletto Marx, un rosicone pure lui. Un gufo) da usare nelle campagne a raccogliere clementine per due lire.
E Taranto? Il Sì si ferma a poco più del 30% col No che sfiora il 70. Renzi paga la propaganda sul vergognoso balletto delle cifre (50 milioni per curare i bambini ammorbati dai veleni dell’Ilva che vanno e vengono; il miliardo e passa di euro per il risanamento che non si capisce se destinati alla fabbrica o alla città). Alla fine i tarantini hanno valutato, giudicato. Votato.
Realtà virtuale che si sovrappone, fino a sostituirla, con quella vera e dura. E alleanze spregiudicate sui territori. Le fritture di pesce di De Luca non sono uno sketch di Crozza, ma un metodo di governo che il governatore campano, benedetto da Renzi, indica per tutto il Sud. Roba vecchia: clientelismo di massa, uso spregiudicato della spesa pubblica… altro che rottamazione. E’ andata come si è visto. Finanche a Salerno, dove gli elettori hanno dato un sonoro schiaffo al sistema di dominio di De Luca e dei suoi figli piazzati uno al Comune da assessore e l’altro, futuro deputato, al vertice del Comitato per il Sì. E’ finita col 60% di No.
Ha scelto i peggiori nel Sud, Renzi. In Calabria ha imbarcato pezzi interi dell’eterno e ambiguo sistema di potere, ex dalemiani, inciucisti buoni per tutte le stagioni, capataz locali. Un’armata Brancaleone che è riuscita a portargli uno striminzito 33% di Sì.
Renzi viene sconfitto al Sud perché non ha saputo scegliere i migliori. Sindaci che si rimboccano le maniche, giovani che animano associazioni, gruppi e singole personalità che si battono per una politica pulita. Due esempi, la Riace di Mimmo Lucano, il sindaco dell’accoglienza, modello mondiale di integrazione, il Sì si ferma al 29% lasciando il No trionfare al 70,6. E Casal di Principe, paese per anni dominato dalla camorra casalese. Renato Natale, amico del parroco don Diana, è il medico-sindaco. Persona umile e intelligente, bravo amministratore, uomo che ha lottato contro la camorra mettendoci corpo e faccia. Il No ha sbancato con l’81,5% dei voti.
Ma Lucano e Natale non rientravano nella strategia renziana, meno che mai nella narrazione dei giovani propagandisti del nuovo verbo. Non avevano clientele né sistemi di potere, non sono dei capataz, ma semplicemente persone serie e uomini rispettosi della democrazia.