Che l’esito del referendum non fosse quello sperato, al Nazareno è apparso chiaro sin dai primi istanti che hanno seguito la chiusura dei seggi, quando i televisori installati nella sala stampa al terzo piano hanno trasmesso i primi exit poll. Che la sconfitta potesse assumere i contorni della disfatta, però, molti lo hanno dedotto pochi minuti più tardi, guardando i volti scuri dei responsabili della comunicazione del Pd. Su tutti, quello di Filippo Sensi, solitamente enigmatico, che invece stavolta tradiva un certo nervosismo, mentre il vicesegretario dem, Lorenzo Guerini, cercava di abbozzare una dichiarazione di servizio lodando il dato positivo dell’alta affluenza e predicando cautela rispetto alle prime proiezioni, ancora non definitive  ma comunque da osservare «con rispetto».


video di Manolo Lanaro

Finito il breve discorso di Guerini, a riempire la sala stampa del Nazareno sono rimasti solo i commenti dei giornalisti di mezzo mondo, che pescavano ciascuno nel proprio vocabolario per giudicare i risultati che si andavano delineando. «A huge defeat», sentenziava un osservatore britannico; «che scoppola», diceva, più laconico, un cameraman romano. Poi il silenzio, e l’esodo delle decine di operatori verso Palazzo Chigi, per assistere al discorso di Renzi. È luna di notte, quando il Nazareno torna a popolarsi, ma i responsabili della sala stampa invitano tutti ad andarsene: «Non parlerà più nessuno, è inutile restare». E domani, cosà accadrà? «Per ora navighiamo a vista. Le dimissioni del premier hanno sorpreso anche noi», giurano.

Nessuno accetta di rilasciare dichiarazioni. Davide Faraone si lamenta per l’eccessiva attesa davanti all’ascensore, e compulsa nervoso sul suo Ipad. Nel corridoio del secondo piano, Pina Picierno e il ministro Maurizio Martina parlottano tra loro. Al piano terra, Roberta Pinotti abbraccia una Marianna Madia particolarmente affranta. Le due ministre non rispondono a nessuna domanda, e si chiudono dietro una porta bianca.

Sullo spiazzo davanti al portone d’ingresso, intanto, compaiono alcuni giovani militanti del Pd. Sono una decina, e hanno intorno ai vent’anni. Rispondono a fatica, parlano di una occasione persa, trattengono a stento le lacrime. «Perché abbiamo perso? Perché forse gli italiani – commenta una ragazza – non hanno letto bene la riforma, o non ne hanno capito il valore». Poi cerca anche lei l’abbraccio di un suo amico, che tenta di consolarla: «Da domani si ricomincia. La democrazia è anche questo».

Quando ormai tutti gli operatori cominciano a dubitare di poter intercettare qualche volto illustre del Pd,  ecco che dal portone principale esce il ministro Graziano Delrio. Mani in tasca, volto basso, chiede ai giornalisti che lo assediano di lasciarlo in pace: «Parleremo di tutto domani». Pochi istanti dopo, anche l’eurodeputata Alessandra Moretti lascia il Nazareno. S’illude per qualche istante di non essere riconosciuta, e aggira velocemente quel che resta del circo mediatico. Ma alle domande di un paio di giornalisti che la seguono lungo Via del Bufalo, si limita a rispondere: «Faccio mie le parole del presidente del consiglio. Pe ora buonanotte». Si allaccia il giubbotto, e si avvia solitaria verso Via del Corso.

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